Venerdì 26 Aprile 2013 15:46
Guarda le foto di questa relazione nell'album val culea

25/04/2013. Sella - Forcella del Sas da Lech. E' conosciuta come la "Val Culea integrale" che è un nome che ci stà tutto. Difatto è la naturale prosecuzione della valle e del suo canale, però non sò precisamente perchè quel nome non mi piace. Comunque al di là del nome è una gita bellissima, e se si possiede un buon controllo degli attrezzi in discesa, è tutto sommato alla portata di tutti o quasi (BSA). Il dislivello non è molto (circa 1.000mt forse un po' di più con lo sviluppo), ma il suo sviluppo (sostenibilissimo) è proprio bello. Questo giro permette di addentrarsi all'interno delle due valli più belle del sella: la val setus in salita e la val culea in discesa. Si è sempre circondati da bastioni rocciosi e minacciosi, con pareti di canali sempre vicine a pressarti un po', ma in fondo difficoltà particolari non ce ne sono e permette con la risalita dell'ultimo canale anche di un pizzico di parte alpinistica (risalita di 150mt di canale senza corda ne altro, solo ramponi) che non guasta. Si parte dall'11° tornante salendo da Colfosco, solitamente c'è un bel parcheggio sulla sinistra. Quest'anno vista l'abbondante nevicata c'era ancora la pista! Poco male al successivo tornante troviamo dove parcheggiare l'auto. Mario alle 23.45 tira fuori la tenda... lo guardo un po' scettico (pensavo di dormire in macchina), ma in 5 minuti d'orologio è già montata. Fà un freddo becco, ma a stà montagna non gliel'ha detto nessuno che era previsto zero termico a 3.000mt? Una pisciatina, una risata, due battute e a mezzanotte e mezza ci distendiamo nei sacchi a pelo. C'è un'umidità all'allucinante e così si stà bene tutti vestiti dentro il sacco a pelo che viene chiuso anche sopra la testa. Un po' di rumori vari e penso che non dormirò poi molto... il secondo suono che sento è quello della sveglia alle 4.45! Mannaggia a Mario che mi convince sempre a partire presto, esco fuori è buio esattamente come quando siamo andati a letto. Si torna velocemente a dormire e stavolta Mario mi dice: "ma io mi appoggio ma non riuscirò ad addormentarmi...". Apriamo gli occhi grazie alla sveglia puntata alle 5.30 altrimenti saremmo ancora là in curva a dormire. Un pò pigramente facciamo colazione e poi inziamo a prepararci. Ora si vede benissimo ed alle 6.00 partiamo. La neve è durissima e mettiamo subito i rampant che non toglieremo mai. La Val Setus è splendida, ti accoglie subito con un primo pendio a 40° che ti toglie il fiato e poi appena torna un filo più dolce ecco che arriva la vera valle quella stretta tra le rocce con i gradi che diventano 45 e blocchi di valanga da tutte le parti. E' meravigliosa e mentre la salgo mi dico che è un affronto per questo posto pensare di passarci e non scenderla. Cmq saliamo bene ed abbastanza rapidi e superata la Setus arriviamo al primo terrazzamento, da qui si gira a sx ed un pochino la discesa sembra farsi vedere ma in realtà è solo una variante non sarà quella da cui si scende. Andando verso il Rifugio Piassadù decidiamo di stare alti per non perdere quota (al massimo 100/150mt) in compenso ci spariamo un traverso lunghissimo su pendenze da 35° in sù con neve massacrata fin dal primo sole (che la splitboard proprio la ama). Nemmeno con i cingoli sarei riuscito a far tenere la tavola che stà a valle, penso: "... come ti amo Mario..." ma lui con i suoi scietti è troppo lontano per sentire le insolenze. Va bhè dai fà tutta tecnica dicono, anche se per ora mi sono massacrato il metacarpo sinistro ed il quadricipite dx è in fiamme. Arrivati a metà valon del Piassadù (però senza aver perso quei 100mt di dislivello!!) sulla dx si apre un primo canalino. Bhè più che un canalino sembrava un troi, all'inizio largo dieci metri e poi tutto pieno di sassi, passaggi da brivido & c. Io e Mario ci guardiamo e diciamo "bon è questo", poi per fortuna ci viene in mente di proseguire più avanti e dopo nemmeno 100mt in orizzontale sempre sulla dx si apre un autostrada verticale che porta alla forcella del Sas da Lech.

ci ostiniamo a tenere gli sci a piedi (nemmeno ce l'avesse ordinato il dottore), poi però dopo tre diagonali cediamo. Mario con scarponi rigida scaletta abbastanza bene, io con i Fitwell metto i ramponi semiautomatici e mi sento come un pascià. Pian piano saliamo e ci godiamo l'ambiente spettacolare con un sole che scalda l'animo. Arrivati in forcella la prima impressione è che la discesa potrebbe essere un po' uno schifo. Vediamo due skialp che stanno salendo (sul versante che noi scenderemo) a zig zag tra blocchi di neve, valanghe e pezzi ghiacciati. "eh va bhè ma il giro è bello, ne valeva la pena...", decidiamo di aspettare che il sole entri nel canale per scaldare un po' il manto e regalarci un po' di firn. Attendiamo 45' facendo qualche foto e cazzeggiando, ma sia io che Mario sembriamo due bambini con un sacchetto di caramelle a dieci centimetri. Non aspettiamo oltre. I due skialp sono arrivati in forcella, due chiacchiere un saluto e via giù a manetta. Parto un po' sul chi va là ed invece i primi 200mt sono fenomenali!! Polvere pura ed i blocchi di valanga sono soffici e con al punta della tavola esplodono... che figata. A stò punto siamo galvanizzati edcontinuiamo la discesa senza troppe pause.

L'itinerario è poetico: si parte dalla forcella nel canale ripido (45°), poi si stringe un pochino per arrivare sul primo terrazzamento da cui già si intravede il secondo canale d'accesso alla valle sottostante (la val culea appunto). E' invitante e naturale, non può venirti in mente di andare da un'altra parte. Imboccato il secondo canale le pareti ti sono addosso e poi si apre la parte più bassa ed ecco che ti para davanti un terzo canale ancora più stretto. Sarei già dentro se la relazione vista il giorno prima non avesse detto: "non entrare nell'ultimo canale ma traversare dopo le rocce a dx per rientrare al passa gardena". Io sono rientrato a destra e senza mai spingere dopo qualche dosso sono arrivato in pista e da lì alla macchina... ma la poesia diceva dritto e prima o poi dritto ci vado, impossibile che la natura abbia concesso un invito del genere se non avesse voluto essere percorso. saluti nicola
Mercoledì 10 Aprile 2013 12:02
Guarda le foto di questa relazione nell'album Norvegia 2013

dal 27/03 al 07/04. E' difficile condensare 10gg di scialpinismo senza dimenticare qualcosa ma sintetizzando nella giusta maniera. Esperienza unica nel suo genere, era da un po' che volevo vedere com'era la neve fuori dall'Italia e la Norvegia mi ha colpito. Mi sono aggregato volentieri all'organizzazione Inmont, e per quanto mi riguarda, Massimo e Gianni hanno fatto un buon lavoro. Sono guide e non agenti di viaggio e come tali hanno dato quel senso di sicurezza che fà vivere l'escursione con aria più sollevata. La neve: fantastica, metri e metri di polvere leggerissima. Dicevano che era da 50 anni che non si riscontravano condizioni del genere. Abbiamo pagato o scotto con un pericolo valanghe elevato che non ha permesso di scegliere alcuni itinerari più ripidi ed un meteo balordo che non concesso tregue (ma noi ostinatamente siamo riusciti ugualmente a sciare tutti i giorni). L'ambiente: è strano, dire bello è riduttivo. molto contrastato. accanto a paesaggi naturali unici (montagne, acqua, fiordi, neve) si trovano pescherecci, porti, aeroporti, archiettura moderna per nulla l'impressione fasulla della ruralità in montagna a cui siamo abituati dai paesaggi dolomitici per turisti. La sciata: meravigliosa e facile che spinge a portarti al limite senza nemmeno accorgerti. i pendii sono apertessimi spesso senza ostacoli, il bosco (per lo più betulle) se scelto con accuratezza è sciabile e divertente, le cornici sono di taglia extra large ed il pericolo magggiore è il vento che spinge a più non posso. La logistica: abbiamo fatto base a Tromso, posizione centrale che ha permesso con spostamenti relativamente brevi di vedere zone molto diverse: dalle alpi di Lyngen fino ai fiordi con affaccio sul Mar Baltico. Inoltre è una vera città con supermercati per fare la spesa e potersi sfamare a prezzi abbordabili (al pub birra, patatine e hamburger €45). Conclusioni: mentre stavo ripartendo non provavo quella solita strana sensazione di non voler tornare a casa, mentre ora che sono a Pordenone da 3gg non vedo l'ora di ritornarci. Se a qualcuno servissero info più dettagliate contattatemi fornirò tutto quanto in mio possesso. saluti nicola
Lunedì 04 Marzo 2013 10:43
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02/03/2013 - Val Saisera. L'Huda Paliza è uno di quei canali che ti sogni da piccolo, sapendo che ci sono parechie probabilità che nella vita non ci riuscirai mai a farlo. Poi con il passare del tempo impari un po' di tecnica, fai un po' di fiato, metti il naso fuori di casa ed inizi a percorrere i classici dello scialpinismo e così alcuni di quei sogni ripidi vengono messi da parte perchè ti racconti che "a me interessa altro". sono bugie a fin di bene, me le dico perchè la verità troppo esplicita con noi stessi taglia le gambe e rattrapisce le ali della fantasia. e così si và avanti con gli anni, si impara un po' di più, si acquisisce sicurezza e l'anno scorso si va a mettere il naso in val saisera raccontandosi che "è solo per andare a vedere altri posti, ma no lì è proprio impossibile". Quest'anno le condizioni c'erano tutte, la neve, il compagno (samuele) e lei era là troppo invitante per dire di no. La giornata però parte tutta in salita, alzataccia arriviamo in valle e non si vede un'ostia. Una coltre di nubi un po' troppo spessa rispetto alle previsioni è là fissa appena sopra il bosco. Va bhè partiamo e poi vedremo e le Alpi Giulie fanno subito capire di che pasta sono fatte. Bisogna macinare km per avvicinarsi alla montagna, abbandonare l'anello di fondo, risalire un bosco e poi infilarsi in un canyon con delle cascate incredibili (per un relazione dettagliata vi rimando a "Alpi Giulie Gruppo del Montasio", 2003, di M.CAndolini). Fin lì qualcosa si vedeva ma dopo vermente più nulla. la relazione dice che "il canale da sopra le cascate si vede in tutta la sua lunghezza", ma qua oltre al mio naso sono fortunato se vedo la punta della splitboard. Vaghiamo un po' a naso e poi tiriamo fuori la cartina, la orientiamo, sbagliamo un paio di tentativi finchè con un po' d'intuito decidiamo di salire verso le nuvole finchè si può e poi scenderemo. Ed è stato così che ci siamo infilati propio nell'Huda Paliza, che ci ha voluto bene fin dall'inizio premiando la nostra perseveranza, e più salivamo più la visibilità migliorava fino a spuntare sopra alle nuvole ed ha percorrere questo orrido lenzuolo incassato tra le rocce fino alla forcella di Terra Rossa. La discesa è entusiasmante, ma poi sotto ritornano la Alpi Giulie a ricordarti dove sei. E così dopo una giornata di fatica ora tocca il lungo rientro prima nel bosco e poi nell'anello di fondo. Ma ormai sono gli automatismi che ti fanno andare avanti e la stanchezza non fà più paura. E' un luogo straordinario ed è valsa la pena sognarlo per tanto tempo. saluti nicola
Lunedì 25 Febbraio 2013 14:04
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23/02/2013. Cimon di Palantina. Bene, dichiaro apertamente il mio eterno ed appassionato amore per questa montagna. Sono certo che trattasi di montagna "femmina", è ovvio, non può che essere così. L'ultima volta che sono riuscito a salire e scendere con la tavola era più di tre anni fà. E' bella, ma di una bellezza sconvolgente, che ti lascia senza fiato. Fin dalla prima volta che la vedi da lontano, dalla pianura triste in cui viviamo, non può che affascinarti e rapirti. La notte non dormi più ed ogni sogno sarà dedicato a lei, a quella pala finale che ammalia la fantasia e che nessun altra cima fin'ora è stata capace di scalzare. Non esistono delle motivazioni serie e reali per questa passione, o forse ne esistono anche troppi: l'itinerario completo in val de piera lungo uno dei boschi più belli del pianeta, l'assoluto silenzio che ci avvolge in salita, l'uscita nel bacino della casera con il portale fatto dagli abeti, le cime intorno che la guardano con rispetto e timore, lei stessa che ti guarda incutendo rispetto e timore, il bastione roccioso a suoi piedi, la pala finale splendida inclinata lunga e pulita, una croce di vetta spesso avvolta dalla neve ed il ghiaccio cosicchè scompaia lasciando le cime alle cime e non ai simboli degli uomini conquistatori. Ma forse la domanda più logica è: come fate a non innamorarvi dopo averla conosciuta? Esteticamente è perfetta. La sua salita e la sua discesa sono complesse ma non impossibili. Bisogna sempre stare all'occhio e non lasciare a casa mai nulla (rampant, ramponi e picca). Quella volta che non li porti ti servono e non sali. Dapprima il bosco messo lì ad abbassare le tue difese, poi l'ampia conca spesso soleggiata e così pensi "bhè che mai sarà" e così ti ha fregato. La cresta sottile che porta alla strozzatura sembra il profilo dei fianchi di questa dea. Sinuoso e sensuale, quando salgo qui la mente si abbandona e non esiste altro: la montagna, il cielo ed io. Se ti ha permesso di arrivare fin qui e sei fortunato che ti lascia accedere anche alla parte superiore ormai sarai suo per sempre. Non importa se sali con lunghi zig-zag per gustarti fino alla fine quel pendio, oppure se vai sù dritto con i ramponi lungo quel profilo con il dirupo verso il cornor, il lastè e tutto il mondo che c'è a ovest. Una volta arrivato in alto non è finita devi ancora proseguire lungo la sua schiena che và accarezzata fino alla fine, semprechè questa fine esista. La Palantina è una sirena, una volta lassù vorresti rimanere in eterno e non è detto che questo non possa essere l'ultimo dei miei desideri da mettere nel testamento.

saluti nicola
Sabato 02 Febbraio 2013 13:18
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Ammetto che era uno dei progetti, ma così com'è arrivato, è riuscito a stupirmi e superare qualsiasi aspettativa. Dalla prima lettura di "100 e più itenerari delle dolomiti", di G.Sani, il passo del Travignolo e il canale mi erano rimasti impressi. L'ambiente è eccezionale (non faccio relazioni perchè tra il libro citato e la rete se ne trovano): si tratta di uno stretto canale tra il cimon della Pala e la cima Vezzana nel cuore delle Pale di San Martino. Ieri, io e samuele, siamo partiti dal Passo Rolle, arrivati alla baita Segantini abbiamo percorso le creste di destra per poi fare il lungo traverso sotto i bastioni di roccia. Terminato il traverso si entra nella conca del ghiacciaio del Travignolo che ha come sbocco naturale uno stretto canale con una roccia incastrata nel mezzo. Al suo culmine in primavera solitamente si forma una cornice di misure epiche. Alcuni lo fanno prendendo la funivia della Rosetta, poi discesa e breve risalita sul versante opposto (che io sconsiglio vivamente). Per questioni di sicurezza (vedere il canale prima di scenderlo) ed anche un filo di etica (squisitamente interiore, ognuno fà quello che vuole in montagna) abbiamo deciso che saremmo saliti da dove si saremmo scesi e così è stato. Forse il momento più delicato sono stati gli ultimi 200mt nella conca prima del canale: c'è tanta neve e nella zona (che non conoscevo) il vento lavora in maniera strana, e così su questi vasti pendii la risalita andava scelta tra i coni dove non si erano formati lastroni da vento. Poi i timori in discesa sono stati ridimensionati, in quanto era tutto molto più sicuro delle apparenze.

Il canale è magnifico e completo sotto tutti gli aspetti della montagna. Salendo siamo passati a destra della roccia con un passaggio, arampicando con i ramponi (a proposito ottimi i fitweel), non proprio banale. Al ritorno una breve doppia di 15mt (a sinistra del masso) ha permesso di superare l'ostacolo. Ci sono 2 soste (samu ne ha vista una terza anche nel canale più in alto) con cordini su spuntoni (di cui una con maglia rapida utile per la doppia).

Se già l'itinerario è di quelli che mi mettono i brividi, ieri la cigliegina sulla torta è stata sia farlo il primo di febbraio con innevamento invernale ed abbondante (battuta traccia dall'inizio fino alla fine, mentre samu più esperto di me ha arrampicato per primo), sia in totale prima traccia e senza anima viva nè all'andata nè al ritorno. Il rientro alla baita Segantini sembrava il ritorno al mondo civile, mai ambito dal sottoscritto, che infatti è tornato alla nuda e cruda realtà perdendo il portafoglio non sò dove. Al momento le uniche due foto col mio "schifo" cellulare, poi quando Samu le scarica e me le passa aggiornerò il post. (ndr: aggiornato il post).
saluti nicola
Lunedì 07 Gennaio 2013 18:40
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05/01/2012 - mondeval pericolo valanghe 3 in dolomiti, penso tra me e me "ma cavolo non c'è neve??", cmq mi fido ciecamente degli esperti che stilano i bollettini e quindi cambio piano: invece della solitaria verso forcella del nevaio (con giro fino al fonda savio) mi metto d'accordo con Mario e Giovanni che sono già a Santa Fosca e mi propongono una gitarella tranquilla sul Mondeval. Accetto di buon grado anche se penso che non troveremo granchè ed in fondo la giornata sarà bella più per la compagnia che la sciata. Ci troviamo veramente troppo presto per un'uscita del genere (alle 7am), tocca perdere un po' di tempo per caffè e brioches per aspettare un barlume di alba che permetta di vederci qualcosa. Partiamo dall'itinerario classico, dopo la baita flora alpina sulla dx (verso pescul), la prima parte è una lunga strada forestale completamente innevata ed un po' ghiacciata con alcuni sali scendi. Poi dopo un ponte si svolta a destra entrando in un bosco rado per proseguire fino alla malga mondeval di sotto. L'itinerario ci farebbe proseguire fino a guadare il torrente per poi risalire sul versante opposto fino alla casera mondeval di sopra. Io e Mario guardiamo a destra e vediamo proprio un bel canalino:
 il canale da sotto
 il canale da sopra
ora dimmi come fai a dirgli di no, è venuto spontaneo ad entrambi ed abbiamo lasciato la via classica. subito dietro di noi un gruppo di skialp forti con passo veloce hanno attaccato un altro canale, più largo ed invitante più a destra del nostro. abbiamo così risalito il pendio a sud-est, che aveva già abbondantemente scaricato, per arrivare a quello che pensavamo un canalino appoggiato. bhè insomma tanto appoggiato non era, ma la sorpresa maggiore è stata all'uscita: l'intero versante nord (tutto in ombra) aveva conservato perfettamente una polvere di riporto che, nononostante il vento, non aveva ancora creato lastroni. in poco tempo ci beviamo gli ultimi 300mt che ci separano dalla cima già pregustandoci quel ben di dio. il gruppetto di skialp davanti a noi parte prima ma si tiene ai limiti della zona vergine. noi dopo esserci rifocillati in cima seguiamo il filo di cresta (duretto) fino ad arrivare sulla perpendicolare di quella zona magnifica e poi giù dritti come missili. la splitboard a raggio lunghissimo alza il "naso" fino al secondo attacco, è proprio una goduria ma non finisce qui. Essendo partito più a destra mi trovo abbastanza vicino alla cresta e quindi da qui si ha una bel pendio con una pendenza tutt'altro da sottovalutare ma con neve fantastica, oltretutto alla fine c'è l'inbocco del canale di salita che però rimane cieco in quanto svolta deciso verso destra. o mamma mia che bello... tiro una linea dritta, evito qualche sasso, ed entro nel canale con una curva secca. qui si passa dall'ombra alla luce e la neve cambia immediatamente, mi lascio portare da un piccolo dosso al centro del canale e qui lascio di nuovo andare la tavola, due curve rapide e sono fuori dal canale con una gioia dentro che esce fuori con un urlo che solo chi scia sà cosa significa. poi prendo la macchina e faccio un video (nemmeno troppo bello) a Mario e Giovanni alle prese con il canale. Il resto è cronaca di un rientro per neve che va dà un firn di inizio gennaio (assurdo, assurdo) a crosta a cemento sulla stradina. Arriviamo alla macchina tutti e tre con i soliti sorrisi da ebeti, mai mi sarei aspettato una giornata del genere. Variante azzeccata e neve incredibile, almeno in alto. Poi si va a mangiare un'ottima cassoela da Mario con tanto di vinello e compagnia bellissima di una famiglia vermente allargata e numerosa. ai prossimi progetti. saluti nicola
Lunedì 10 Dicembre 2012 11:04
Guarda le foto di questa relazione nell'album forca croda rossa

08/12/2012. io e samuele. la voglia di uscire è tanta anche se il meteo è avverso. la sera ci mettiamo d'accordo per andare in Palantina, ma ben presto le mega rervisioni di nevicate in FVG si dissolvono e così arrivati in autostrada all'uscita per l'alpago tiriamo dritto. A Misurina sono andato giovedì, propongo i versanti nord del Pelmo che dovrebbero tenere bene la neve e non essere troppo alti (così da evitare l'effetto vista zero dato dalle nuvole). Andata per il Pelmo. Andiamo oltre il passo Staulanza e scendiamo per qualche tornante, parcheggiamo e si parte. La visibilità è buona, ovvio il cielo non è luminoso ma va tutto bene, in alto si vede però che il vento stà lavorando parecchio. La prima parte del ghiaione immenso è bella e ben coperta, i sassi sono un po' dei funghi ricoperti, inziamo a salire e dobbiamo battere traccia. Al momento siamo i soli in questo posto. L'ambiente è straodinario ed il Pelmo è immenso, anche se l'entrata dal ghiaione lo rende più avvicinabile e quindi incute lievemente meno timore. Decidiamo di salire privilegiando il lato sinistro portandoci quindi verso alcune rocce. Tutta la zona è già stata spazzata dalle valanghe su cui poi è nevicato sopra, il problema è che il vento ci stà dando dentro e persino nel ghiaione ha già creato delle lastre di tutto rispetto. Salito il primo risalto arriviamo a ridosso delle forcelle e scegliamo quella più a destra (forca di croda rossa). Da sotto è magnifica, proprio bella. Iniziamo a salire e la neve cambia drasticamente: il cono in uscita dalla forcella si presenta delimitato ai lati da due lastre ghiacciate mentre nella parte interna sopra ad uno strato sofficie ed inconsistente ci sono dei serissimi lastroni da vento di spessore variabile ma non certo trascurabile. Già salendo si rompono e la sensazione non è buona. Guardando in alto sembrerebbe che un'idea di cornice si sia fatta. Decidiamo di proseguire ancora un po' stando ben distanti, ma arrivati proprio sotto le rocce dove il canale si stringe (mancheranno un 100/150 mt) i lastroni e il vento che nel frattempo è aumentato ci cosigliano di scendere che in fondo la gioonata ce l'hanno già regalata. Nessuno può dire se abbiamo avuto ragione, ma stà di fatto che entrare in quel mirino naturale lungo 250mt con neve non consolidata... bhà... continua a non piacermi nemmeno l'idea. La discesa non è stata delle migliori. In alto la neve è stata molto rovinata dal vento e la visibilità era brutta. L'assenza di luce rendeva impossibile capire l'andamento del terreno. Arrivati poi nella seconda parte del ghiaione però qualche soddisfazione ce la siamo tolti. La sciata in mezzo ai sassoni era divertente ed i cambi di neve costringevano a lavorare sulla sensibilità. Arrivati alla macchina alla buon ora, al ritorno ci siamo fermati all'Insonnia.

SCARPONI BACKCOUNTRY FITWEEL: oggi lo scarpone si è comportato ottimamente. Ci sono state parecchie diagonali in cui la presa di spigolo era indispensabile per stare in piedi e non scivolare, e lo scarpone aiutava ad una trasmissione sicura delle forze. Il freddo non ha dato fastidio ed in discesa nonostante i cambi repentini del manto nevoso la trasmissione delle sensazioni è stata migliore (più probabile che mi stia abituando al diverso materiale). L'ingombro minore rispetto ad altri scarponi è una marcia in più non di poco conto. Il piede, lo stinco e la caviglia sono subito vicini all'attacco e quindi l'impulso ci metta poco a diventare movimento (con i pro e contro del caso ma qui semmai è colpa del rider).
saluti nicola
Lunedì 10 Dicembre 2012 09:58
 06/12/2012. San Nicola. Decido che per il mio onomastico mi faccio un regalo: rubo una giornata all'ufficio e me ne vado in montagna. Per fortuna un paio di amici assecondano la mia scelta e così si parte per misurina. A parte alcuni doppi sensi assurdi, non voluti, mentre faciamo colazione il viaggio prosegue bene e come al solito il mistero della valle di Misurina anche quest'anno si ripropone. Questo posto è benedetto dal dio della neve e se da altre parti ce n'è poca o bruttina, qui è abbondante e di super qualità. Saliamo per la vecchia pista verso la conca della neve, poi ci dirigiamo verso la forcella della neve. Arrivati al masso in mezzo alla conca puntiamo a destra verso forcella Pogoffa, ci sono un paio di persone davanti a noi e così ci mettiamo in traccia. Per la splitboard è un po' un eufemismo visto che a malapena in traccia mi ci stà solo un asse, ma cmq tutto fà brodo ed invece di battere ex novo tutto sommato aiuta. Dove il terreno diventa più pendente ai miei due amici si staccano le pelli. Oggi fà un freddo della madonna (-14 in partenza ed almeno -20 in forcella) e di riattaccarle non se ne parla. Uno si ferma a 100mt dalla meta mentre l'altro stoico carica gli sci sullo zaino e prosegue a piedi (sprofondando di tanto in tanto). Gli ultimi 10mt stacco anch'io e li faccio più rapidamente sulla massima pendenza scalettando con gli scarponi. La forcella è proprio bella è ad un passo dalle cime, particolarità di pregio di questi posti. Mentre stò salendo incontro i due sciatori che ci precedevano che ovviamente mi fanno notare che loro avevano battuto traccia... non sò perchè ogni volta stà storia... lo dico apertamente "andare in montagna non è una gara" e quindi chissenefrega... non volevi battere bastava ti fermassi ed andavo avanti, cmq grazie e arrivederci. In forcella ci raggiungono altre due persone molto simpatiche che poi si godranno insieme a noi una discesa con urletti. La discesa nella parte alta è splendida, polvere su fondo solido, non si può ancora mollare tutto perchè le asperità non si vedono ma si sentono però è una goduria. Gioco un po' con qualche grossa roccia che crea dei micro canali e stranamente quando esco sullo spazio aperto questa volta prediligo una serpentina abbastanza sul dritto rispetto alle mie solite curvone. Il rientro avviene per la vecchia pista ormai maciullata ma cmq divertente. Arrivato in parcheggio saluto gli amici, mangio un boccone e vado ad aiutare Renzo e Davide che accanto allo Chalet stanno costruendo gli igloo (molto divertente e tonificante lo consiglio a tutti). SCARPONI BACKCOUNTRY FITWEEL: questa volta le condizioni erano durette, il freddo era parecchio pungente e tutto sommato temevo che un limite di questi scarponi venisse in evidenza. Invece nonostante una scarpetta interna sottile il freddo è stato ben sopportato e non ho mai avuto le dite informicolate o doloranti. Certo non stavano caldissime ma in fondo siamo sempre in montagna. In discesa su neve così divertente l'estrema rigidità della scafo non aiuta, ed effettivamente quello che si guadagna in stabilità, equilibrio e precisione un filo si perde in sensibilità su terreni molto morbidi. Poco male credo che con un po' di utilizzi e in caso di terreno duro o ghiacciato si dimenticheranno in fretta queste piccole inezie. Scalettando con la punta in salita sulla neve durissima sono andati che era un piacere, mai una scivolata ed anche nei traversi la presa di spigolo è molto più aggressiva con conseguente maggiore equilibrio e conservazione delle energie mentali e corporee.
alla prossima nicola
Lunedì 03 Dicembre 2012 10:58
Guarda le foto di questa relazione nell'album Fitweel 01/12/2012

prima uscita dell'anno, partenza ed arrivo in Marmolada. Il passo Fedaia è chiuso, ma il pandino và sù che è un piacere e nemmeno me ne accorgo che arrivo al passo. Salgo da lì e la meta è Punta Rocca, causa i gatti che lavorano con i cavi a 200mt dall'arrivo mi fanno girare i tacchi e scendere. Poco male tanto tra la zero visibilità dovuta alle nuvole e un pericolo valanghe da paura, la discesa non sarebbe cmq stata una meraviglia. Ed ora veniamo agli scarponi. A chi interessa un vero e proprio test fatto da ragazzi che "viaggiano" consiglio di leggere qui: http://www.splitboard.it/forum/viewtopic.php?f=13&t=1566 Per chi si accontenta dello snowboarder casalingo potete proseguire. E' ovvio che trattasi di una prima uscita e pure facile quindi non può che essere una prima sensazione da approfondire, però direi che ci siamo. Oltretutto considerando che l'anno scorso ho utilizzato gli Spark Deluxe (primo modello sul mercato specifico per lo snowboard alpinismo) riuscirò a fare un paragone. La ditta è italiana, non significherà nulla ma per me è importante, oltretutto l'artigianalità del prodotto si vede tutta e dà un valore aggiunto non di poco conto. Lo scarpone è per rider seri e non schizzinosi, già alla prima calzata si nota subito di cosa si stà parlando. Scafo quasi d'acciaio che per piegarsi necessità di una bella forza, il che sulla neve si traduce in sostegno e tenuta di spigolo, qualità essenziali quando si scia. Ho fatto troppo pochi traversi per capire se aiutano e quanto, ma credo che funzionino bene pure lì. La qualità maggiore è il limitato ingombro dello scarpone nella zona del polpaccio, finalmente non si avrà più la sensazione di andare in giro con i moon boot e sarà possibile anche per gli snowboarder comprare pantaloni di taglie normali e non sembrare dei pagliacci sulle piste. Lode alla scelta controtendenza di tornare ai lacci ed evitare tutte quelle procherie semiautomatiche che poi si smollano e ti lasciano lo scarpone semi aperto. Buona l'idea del blocca lacci anche se oltre a quello previsto sul collo ne avrei aggiunto uno anche nello scafo superiore (magari il penultimo). Ci si sarebbe messo più tempo ad allacciarli la prima volta ma poi rimarrebbero chiusi quasi ermeticamente. Sempre la parte alta l'avrei fatta un po' più alta (mia fisima) così da aggiungere uno strap (utilissimo). La parte della scarpa è fenomenale, d'altronde fitweel le scarpe le fà proprio bene (di loro ho già gli scarponi d'alta montagna e delle scarpe di avvicinamento). La suola in vibram è bella dura e permetterà un passo sicuro con e senza ramponi: gli inserti di membrana esterna ricoprono le zone delicate proteggendole da acqua, neve ed usura. Non sò come hanno fatto ma tutta questa struttura permette ancora una buona trasmissione delle vibrazioni tavola/terreno in discesa, fondamentali per una surfata di qualità. Certamente tutta questa rigidità cataloga il FITWEEL BACKCOUNTRY come uno scarpone molto tecnico e non facile. Sconsigliato per principianti e per chi soffre di freddo ai piedi. Sù quest'ultimo punto ci sono però tutti i ma del caso. Nel senso che se si cerca la precisione, sopratutto in salita, magari con i ramponi e le picche, la scarpetta interna necessariamente non può essere una roba gigantesca e quindi inevitabilmente scalda un po meno e le dita sono più vicine allo scafo. Però trovo sia giusto così altrimenti si torna a quelle schifezze che per anni ci è toccato chiamare scarponi. Quindi prima sensazione ottima, ora si spera in una stagione ricca per poterlo testare in altre situazioni ben più tecniche. ciao nicola

Venerdì 25 Maggio 2012 09:04
Guarda le foto di questa relazione nell'album cevedale
Niente foto (al momento) ma spero arrivino presto [ndr: arrivate]. Ero via con Renzo e quindi almeno qualche immagine è assicurata. Era da un bel pò che tentavamo di fare un'uscita insieme e devo ammettere che tutto è stato confermato esattamente come le mie idee ed impressioni.
Renzo è un ottimo compagno, buona preparazione, buona tecnica sia in salita che in discesa, nessun tipo di esagerazione con conseguente clima disteso che permette una risalita psicologicamente tranquilla. Veniamo ora al luogo. Dovevamo andare sul Bianco, ma causa mal tempo tutto rimandato a data da destinarsi. Ormai però l'idea di andare via c'era e quindi è bastato un attimo per mettersi d'accordo. Renzo mi propone il Cevedale, gli chiedo quant'è il dislivello e lui risponde "mmm 1500". Va bèh dai 1500 in quota si può fare, poi guardiamo i forum per trovare qualche relazione e capire le condizioni "dislivello in salita 1800" ... mortacci ... e va beh ormai ho detto di sì, tra me e me penso "morirò". Sveglia alle 2.20, colazione veloce a casa, macchina fino a Ponte delle Alpi, ore 3.30 Renzo arriva puntalissimo. Si carica la macchina ed in tre ore arriviamo a Pejo, si discute un po' di tutto, credo in fondo anche per far passare un po' di quella buona tensione che si accumula prima dell'inizio di una ascesa importante (almeno per me). Si parte da 1900 circa, a questa quota e fino al Rifugio Larcher è primavera inoltrata. Le cascate sgorgano acqua limpida con portata massiccia, i fiori sono già tutti fuori. Risaliamo il lungo sentiero, l' itinerario ci fa capire che non sarà solo il dislivello importante ma anche lo sviluppo è assai significativo (13km andata e ritorno). Arrivati al rifugio, e scesi qualche metro iniziamo a pellare, Renzo davanti a batter traccia ed io dietro con la split. Il ritmo di salita è perfetto, continuo e calmo senza strappi. Anche sulla traccia ci troviamo concordi, scegliamo di risalire sempre i colli o le piccole creste piuttosto che infilarci nei valloni. L'esposizione a sud ed il sole che illumina i pendii già dalle 5 fa pensare di rimanere distanti da avvalamenti dove le pareti possano scaricare. Ci inerpichiamo in questi ampi dossi e sellette fino all'apertura immensa della prima terrazza sul ghiacciaio. Qui è tutto enorme, non bastano le dita delle due mani per contare le cime. I Seracchi sparsi ci ricordano che siamo in ambiente glaciale ed in giro non c'è nessuno ... solo noi. Purtroppo da nord-est il tempo stà cambiando ed un po' di nuvole incominciano ad addensarsi. Verso i 3.000 mt ci diamo il cambio e vado davanti io a batter traccia, dopo un primo falso piano ed un piccolo dosso arriva lo strappo che porta all'ampia cresta finale. Siamo a 3.200 abbondanti e vedere sto muro inclinato taglia il morale. Cmq non aver tenuto un ritmo pressante prima mi fa proseguire bene, inzio con i traversi inclinati e grazie ai consigli di Renzo, li riduco ed inserisco qualche svolta in più. Sarà infinito questo tratto e ci porterà ad alzarci fino a 3.600, non sembrava finire più ed ecco che quando mi dico "dai ancora una svolta e poi un'altra" arriva la cresta con il suo ampissimo appoggio. Ora vedo la vetta e la fatica sparisce (sì insomma si fà per dire), però è vero il morale si alza e dopo una piccola pausa le gambe mi dicono "vai tranquillo". Dopo aver ripreso fiato io e Renzo ripartiamo alla volta della vetta, è lì, la si tocca con un dito, parto subito con una diagonale troppo pendente ma la modifico subito. Devo ricordarmi che in quota non sono ammessi strappi, riprendo più gradatamente ma in cuor mio (e nostro) sappiamo entrambi che quelle nuvole ci hanno fregato. Saliamo ancora un po' ma a 3.600 gli ultimi 100 mt non li fai in 10 minuti. Quando saremo in cima le nuvole avranno già coperto tutto, inzia anche a nevicare, mi giro e guardo Renzo: "se non vogliamo rovinarci la discesa meglio scendere". Praticamente ce lo diciamo all'unisono. E' vero, era là, la stavamo toccando, ma non è la conquista che mi interessa piuttosto il modo di salire e scendere e di rispettare l'ambiente. Dentro di me sò che ne avevo ancora un po' per arrivare in cima e forse anche oltre, ma è giusto considerare tutti i fattori e, con il senno di poi, la scelta è stata azzeccata considerato che arrivati alla macchina è inziato a diluviare. La discesa fino a 2.900mt è stata fenomenale, un firn stratosferico mi ha permesso di andare a volecità supersoniche. I primi 400mt, con buona pendenza, sono stati unici: 5 curve in tutto, la tavola galleggiava e planava che era un piacere ed il manto poco sconnesso permetteva una surfata vicino ai limiti. Gli ultimi 300mt paesaggisticamente molto belli, un gran bel canalone diverso da quello di salita, ma con una neve troppo fradicia per permettere una velocità accettabile. Comunque grazie alle ultime lingue si arriva in prossimità della morena del ghiacciaio e dopo alcune pietraie si accede ad una zona pianeggiante paludosa da cui si riprende il sentiero. Discesa con spalle stracariche tra tavole, sci, indumenti vari finchè nei pressi della malga mare incrociamo due olandesi e un tedesco in assetto trekking super leggero. Sembriamo dei marziani in confronto a loro, direi anche un po' ridicoli, ed infatti ci scambiamo dei gran sorrisi. Arrivati alla macchina finalmente togliamo gli scarponi e ci cambiamo. Una gran soddisfazione mi pervade ed un ottima giornata è passata, anche grazie all'ottima compagnia.
Saluti Nicola
Sabato 19 Maggio 2012 21:32
Guarda le foto di questa relazione nell'album val setus e vallon pissadù

mercoledì nevicata inaspettata sulle alpi orientali, persino piancavallo per 24h regala un paesaggio natalizio. venerdì stò lavorando quando penso che il Sella potrebbe regalare ancora grosse emozioni. dopo 10 minuti arriva l'sms di Mario "domani val setus?" considerato che quest'anno l'ho bramata da tempo, non ci ho messo più di due secondi a rispondergli "a che ora mi passi a prendere?"
oggi: sveglia alle 3.30, Mario passa alle 4.00. Alle 6.40 siamo al parcheggio della "tridentina" con altre due macchine già parcheggiate e due coppie che stanno salendo. Un'altra arriva mentre ci stiamo preparando. inziamo la salita, un po' intimoriti dal luogo. sia per me che per mario è la prima setus e le relazioni insomma le conosciamo. fà già caldo ma subito si capisce che qui è il luogo ideale per la neve. l'ombra delle grandi pareti la protegge ed il manto duro porta bene. più si sale e più la pendenza aumenta, le pareti si stringono e le inversioni si fanno più frequenti. lungo il canale troviamo parecchi grumi che metteno un po' in crisi la mia ancora acerba tecnica nelle inversioni con la split. nell'ultimo imbuto provo a staccare le assi per salire sulla massima pendenza con i soli scarponi. cagata abissale, sfondo fino alla coscia faccio una fatica bestia nonchè sul ghiaccio vicino alle pareti un equilibrio non proprio stabile mi fà stringere la dietro. appena esco dall'imbuto mi rimetto tutto e la salita procede meglio. finisco la setus e Mario (gran sciatore) è sù che fa la muffa e ci dà dentro con le fotografie (altrimenti fosse per me nemmeno stavolta avrei avuto qualcosa da mostrare). i bastioni di fronte a noi sono bellissimi e imponenti. a quel punto Mario mi dice "bhè ma io volevo fare anche il vallon del pissadù".... sorpresa... bevo un pò e ripartiamo. scendo fino al rifugio e poi risalgo il vallone, merita assolutamente l'ambiente è fantastico e per ora ci siamo solo noi ed una lepre bianca verso la sella. quando sono le 9.30 siamo sull'ultima terrazza prima della sella del pissadù, mancheranno ancora 20 minuti, veramente poco ma la neve incomincia a mollare troppo e dalle pareti si sentono le scariche dei sassi. cambio set-up salita discesa e in un attimo siamo al rifugio, l'ultima risalita prima della setus. probabilmente per molti di voi sarà una comune discesa ma a me emoziona e parecchio. l'ho inseguita per tanto tempo (la prima volta circa 2 anni fa), provata e rimbalzato ed ora manca così poco. i dubbi sono leciti: e se non ce la faccio? e se la spreco e scendo male? e se mi cago adosso? poi arriva il primo cono d'ingresso, scelgo di andare nella parte più alta e soleggiata per partire, la zona è vergine e la discesa acquista qualche metro in più, valuto il fondo che seppur scaldato mi sembra sicuro. tre respiri e mi butto. la sensazione è subito magnifica, la tavola reagisce bene e le gambe non risentono della risalita ed attutiscono i cambi della neve. appena arriva l'ombra i grumi ed i segni aumentano ma la voglia di surfare è tanta e così continuo curvare ,una dopo l'altra e tutto va bene. man mano che scendo l'animo si alleggerisce e l'esperienza si arrichisce. il canale termina e la sensazione è unica. ora manca un'altro bel tratto ma nulla a che vedere con quello appena passato. gioia immensa e felicità (vedi la mia foto). proseguiamo verso valle e stacchiamo forse un po' troppo presto ma il rischio di grattare era assai elevato, un signore local ci dice che si può proseguire ed effettivamente una lingua di neve porta quasi fino alla macchina. alle 11.30 chiudiamo le porte e ci dirigiamo ad una gran birra ed un piatto di polpette in onore di questa splendida valle che oggi ha voluto ospitarci ed accoglierci nel migliore dei modi. nicola

Domenica 29 Aprile 2012 09:42
Guarda le foto di questa relazione nell'album val di mesdì
 28/04/2012 Sempre io e samuele, due settimane fà dopo essere scesi dalla lasties con il brutto tempo, ci eravamo ripromessi di tornare per il nostro obiettivo principale: la val setus. anche questa volta siamo stati "rimbalzati" non per colpa del brutto tempo ma l'esatto contrario: un sole eccessivo. eh sì dopo 10 giorni di nevicate abbondanti e 3 gg di sole per l'assestamento sembrava proprio tutto perfetto, sembrava appunto, in quanto l'imprevisto caldo africano di ieri (zero termico a 3.500mt) ha scaldato vermente troppo in pochissimo tempo. Arrivati al parcheggio della funivia sass pordoi il termometro segna +8, sono le 7.30 del mattino, si capisce ben presto che è una giornata atipica. Il sole è magnifico ed il cielo limpidissimo, ci prepariamo ed iniziamo a salire verso la forcella Pordoi. Questa volta avendo visibilità scegliamo di seguire il sentiero estivo sulla destra, sale più regolare ed è più comodo. Dopo i primi 100mt, con la splitboard, sono costretto a mettere i rampant. La neve è durissima, quasi ghiacciata, effetto della presenza scarsa sui lati sud, di un po' di vento che ha lavorato e della fusione e rigelo degli strati superiori. Tutto intorno i canali hanno già scaricato e questo mi conforta. E' impressionante quanta neve c'è (bhè non proprio sulla salita), pensare che per tutto l'inverno e fine a fine marzo il sella è stata meta da evitare... La salita alla forcella Pordoi è proprio "bastarda", si presenta come una monata, abbastanza corta, si insomma anche un bambino salirebbe. Eppure tra ghiaccio, slavine e vento l'ultima parte è sempre da bestemmie con tenuta al limite ed il pensiero fisso "mò stacco tutto e salgo con i ramponi". Arriviamo sopra la forcella e si apre il paradiso, un sole magnifico ed il sella tutto bianco. Non c'è nessuno, ancora non ci credo ma cavolo non c'è proprio nessuno. Siamo solo noi due... pazzesco. Iniziamo la diagonale verso il Boè e gli effetti del ghiaccio superficiali ed il sole creano delle sensazioni uniche (vedi foto). Anche qui la progressione, seppur su terreno facile, risulta non proprio agevole. La neve alterna tratti ghiacciati ad altri in cui si sprofonda. Alla fine attacco e stacco i rampant molto spesso. Arrivati sotto al Boè perdiamo quota ed entriamo nella conca, meglio una breve risalita che una diagonale in ombra ghiacciata. Arriviamo a dieci metri dal rifugio, ci abbiamo messo 2h e 45. I tempi sono giusti come da programma, io e samuele guardiamo la sella del pisaddù, ancora un'oretta di sicuro, e poi la discesa e la risalita per imboccare la val setus. Si insomma ancora tre ore per arrivare al passo gardena. Sono le 10.15 e la neve ora è perfetta, inzia un filo a mollare ma è perfetta. Io e samu ci guardiamo, abbiamo già capito, e che cavolo scoccia però, è una giornata fantastica e siamo a più di metà... però però... però cazzo è vero fra due ore quando dovremmo entrare in val setus questo caldo africano avrà reso la neve veramente pesante... forse troppo. Io con la tavola ne vengo fuori, per Samu con gli sci forse è un po' troppo. A malincuore decidiamo di allungare la pausa e scendere per la val mesdì approfittando di trovarla "vergine" (assolutamente impensabile per un itinerario del genere) con la neve al top. E' stata veramente una decisione molto combattuta. Cambio setup salita-discesa e ci buttiamo dentro il canale iniziale. Sono avido ed approfitto di una piccola pausa di Samu che si ferma un secondo a guardare il primo pezzo. Questa valle l'ho fatta circa 3/4 anni fa, ma era tutto diverso, c'era la funivia, c'era gente e ne sapevo un po' meno di oggi. La memoria del pendio riemerge e così decido di farlo tutto d'un fiato. E' proprio bellissimo, pendente ma non stretto. Sul lato sinistro dove il sole è arrivato c'è un firn che permette molto, nel lato destro in ombra il ghiaccino che non ha ancora mollato vuole maggiore sensibilità. Che bello, prima due curve un filo più strette giusto per prendere le misure e poi via molla tutto e con quattro curve sono fuori dal canale. Mi fermo e guardo dietro, che senso di pace assoluta e davanti c'è ancora tutta la valle da fare completamente intonsa, senza anima viva, con la neve segnata solo dalle slavine. Non credo serva scrivere altro della discesa di un itinerario fin troppo inflazionato, ma che fatto in certe condizioni (come oggi), riacquista tutte quelle qualità naturali proprie percui nulla ha da invidiare ad altre escursioni più selvagge. Già in fondo, purtroppo, come al solito la colpa è dell'uomo.
saluti nicola
PS: appena usciti dal canale e senza aver dovuto attendere troppo tempo la neve era veramente pesantissima e fradicia, alla fine la decisione è stata perfetta. Non oso pensare che pappa avremmo trovato due ore dopo.
Domenica 05 Febbraio 2012 10:56
Guarda le foto di questa relazione nell'album rifugio pellarini

Le previsioni davano brutto e il bolletino come al solito riportava che a est di neve non ce n'era. Che fare? Ho deciso che quest'anno a meno di lunghe migrazioni ancora da progettare approfitto per andare in uno dei luoghi che mi affascinano di più: la val Saisera. Ho iniziato due settimane fà con lo Jof Miezegnot e considerato che è l'unica vallata in regione spolverata di bianco (perchè dire che c'è neve è un'eresia) ho deciso di proseguire. La curiosità, che poi si tramuta in passione, di scoprire questi luoghi è dovuta a più fattori: il primo è senz'altro il sentiero ceria-merloni con cui mi sono avvicinato a queste montagne ma dal versante senza dubbio più ospitale (gli altopiani del montasio), il secondo la lettura del libro "Non si torna indietro" di L.Beltrame biografia e molto di più di Ernesto Lomasti, il terzo perchè credo che in questi luoghi nulla è facile e niente arriva senza fatica. Tornando a ieri ed avendo in mente solo la meta (Sella Nabois) ma non come arrivarci (splitboard o solo a piedi considerando lo scarso innevamento) ho caricato tutto in macchina: tavola, ciapse, scarponi da sno', scarponi da montagna, ramponi, etc). Parto da PN verso le 6.20 con l'idea che vado sù con la tavola e se trovo duro la metto sulla schiena e proseguo con i ramponi, entrato in autostrada a osoppo cambio idea e mi dico che considerato che non ci sono perturbazioni tanto vale fare un po' meno fatica ed andare solo a piedi, all'uscita delle gallerie dopo l'uscita per sella nevea sembra di arrivare in un altro mondo. Una bufera di neve con temperatura di -10 in valle e raffiche di vento da spostare la macchina, visibilità non proprio pessima ma quasi. Vado avanti anche se ho pensato più volte: "chi me l'ha fatto fare di svegliarmi presto e venire qui". Per inerzia proseguo fino all'uscita della valbruna ed il tempo è sempre più brutto. Come due settimane fà mi fermo appena entrato in paese a far colazione in un piccolo market con bar gesito da un ragazzo gentilissimo. Si stà parlando del fatto che in tutta italia nevica (e non la vogliono) mentre qui non viene giù nulla. Guardiamo fuori ed i fiocchi sono minuscoli e non si appoggiano nemmeno al terreno per colpa del vento veramente forte. Finisco il caffè e dentro di me stò pensando di tornare indietro poi gliela butto là per vedere la reazione di un local: "eh oggi volevo fare la sella nabois...", lui mi guarda con la faccia tipo "ma cosa stai dicendo?" però è gentile e non aggiunge altro. Poi mi spiega che l'altro giorno era salito fino alla cima dei cacciatori ma non c'è neve per sciare, manca il fondo. Gli rispondo che per non buttare via la giornata potrei andare almeno fino al Pellarini, lui ci pensa un attimo e mi risponde con sicurezza: "sì sì bhè al Pellarini oggi può andare bene". Pago e lo ringrazio, ma dovrei farlo molto di più, ero da solo ed ogni tanto serve quella spintina in più per avere piena fiducia delle proprie sensazioni. Parcheggio e parto ramponi ai piedi, ciaspe sullo zaino e stop, decido che la giornata sarà propedeutica per vedere l'itinerario. Seguo il sentiero 616 dal parcheggio fino al Rifugio, l'attenzione và riposta sopratutto nella prima parte dove ci sono vari bivi tra sentieri, pista da fondo e letto del saisera. Il mio consiglio, se non si conosce bene il posto, è di non tagliare perchè è facile finire da un altra parte e fare un sacco di strada per niente. I primi 200mt sono nel bosco fitto, con uno sviluppo di tutto rispetto. Quando si arriva sotto le pareti del Piccolo Nabois si incomincia a tagliare verso sinistra (se si rimane nel sentiero è impossibile sbagliare). Dopo poco appare la parte nord del Grande Nabois veramente immensa ed imponente (e piena di cascate di ghiaccio). Nel frattempo la bufera non smette ma almeno nel bosco il vento non si sente, un po' di neve però incomincia ad accumularsi. Terminata la parte larga del sentiero si arriva sotto al salto di rocce che separa la valle bassa da quella alta, si prosegue su traccia più stretta e pendente con un lungo traverso (non nel senso di lamina però) che con poca neve riserva più di qualche insidia per risalirlo sci ai piedi figuriamoci con la split (alti gradini, curve e controcurve strette), superato un piccolo parapetto di legno il sentiero diventa più comodo. Usciti dal bosco la vista dovrebbe essere grandiosa: il Grande Nabois a destra, a sinistra le Cime delle Rondini e poco più in là le Cime Vergini. Oggi si vede veramente poco ed una volta che gli alberi si diradano ancora meno. Comunque un po' di tracce mi aiutano ed inoltre il Pellarini finalmente si mostra quindi proseguo. Gli ultimi 100mt prima del rifugio sono un po' un calvario in quanto il vento ha creato zone di accumuli parecchio profonde, con solo i ramponi sprofondo a volte fino alla vita e anche di più, però manca poco. Attraversare questi pendii non mi fà proprio piacere, i pochi alberi sono tutti tirati giù, l'inclinazione sale, ci sono accumuli, siamo a -10, ora stà nevicando di brutto e fino a ieri c'era solo ghiaccio ... la ricetta è completa. Scelgo di salire tra pezzi un ò meno aperti e raggiungo il Rifugio, ci ho messo 2h e un quarto ma vacca boia se sono stanco, in più guardo la Sella Nabois nei pochi momenti in cui appare e vedo che da qui manca almeno un'ora e mezza come minimo. Anche ad esser qui con la splitboard questo è un gitone, come al solito nulla in questa valle è semplice. Entro nel ricovero invernale mangio un po', bevo il thè e firmo il libro. Dopo 10 minuti mentro inzio la discesa però ci penso. In fondo è stanchezza mentale più che fisica, sono troppo abituato alla salita molto pendente che in poche ore sei arrivato. Questi itinerari e queste montagne necessitano di un approcio completamente diverso e forse è anche per quello che non proprio tutti ci vengono. E così passo dopo passo mi guardo le possibili varianti per la discesa e pian piano una parte più carina di boschetto si lascia intravedere e così inizio ad immaginare che forse non sarà una discesa proprio continua ma che ne varrà la pena. Insomma non sarà proprio una passeggiata ma questo è di sicuro un arrivederci a condizioni più ottimali, forse ad una più lunga giornata di sole primaverile (esattamente la stagione che "i vecchi" ritenevano giusta per inziare a fare scialpinismo). Atro elemento oggi di forte impatto: sono partito da solo e sulla mia strada ho incontrato solo le orme di un camoscio. Non bisognerebbe mai andare in montagna da solo ma sarei ipocrita a nascondere che è forse il miglior modo per godersi i luoghi naturali. Sentirsi vulnerabili, piccolini, senza aiuto tende a farci rispettare maggiormente ciò che ci circonda. nicola
Lunedì 23 Gennaio 2012 10:11
Guarda le foto di questa relazione nell'album jof miezegnot

Ad est si sà non ci sono condizioni però di starmene a casa non avevo voglia. Non ho giorni a disposizione per andare vicino al confine dove sembra che le neve cada solo lì. Su thetop.it leggo una relazione di una salita nelle alpi giulie che mi sembra adatta ad una giornata in solitaria con una nevicata recente dopo mesi di penuria. Guardo la carta e mi convinco che non sarà l'uscita del secolo però l'ambiente delle giulie è uno dei miei preferiti ed il fatto di essere da solo mi deve far stare tranquillo.
Per la relazione rimando al link: http://www.thetop.it/index.php?page=view_abs&n_abs=15594&visto=yes Si può trovare anche nel libro di Candolini, gruppo del montasio.
Punti positivi: ambiente fantastico, severo e magnifico (come si può vedere dalle foto); gita sicura anche con grado 4; itinerario poco battuto. Punti negativi: discesa pressochè inesistente; bosco fittissimo e sciabile solo con almeno 1mt di precipitazioni; nonostante possa sembrare una gita breve lo sviluppo è di gran lunga più importante del dislivello; parecchi su e giù che costringono al ritorno a sgancio degli attrezzi.

Mie considerazioni: sono felice di aver fatto questa uscita, come si può capire dalla foto del mio faccione mi sono fermato all'anticima in quanto le condizioni per una salita proprio non c'erano. La val saisera è fantastica ed impone sempre una reverenza importante anche in uscite abbastanza elementari come questa. Premesso tutto ciò quest'anno inzio a collezionare un po' troppe uscite da masochisti. Indubbiamente le scarse condizioni di innevamento hanno inciso molto sull'itinerario. Però il fatto che si svolga per il 90% all'interno del bosco è un elemento da considerare. La prima parte fino al rifugio Grego è un bosco anche abbastanza aperto ma l'ho trovato con 2cm di neve sufficienti solo per montare le pelli in salita (in discesa la tavola è finita sulla schiena). L'altro bosco fino al bivacco degli alpini a quota 1890mt è fittissimo e la salita si svolge lungo il sentiero estivo che diventa presto un binario largo poco più di 40cm. Certo se ci fosse 1mt di neve si potrebbe scendere lungo il rio che porta dalla cresta finale fino alla casera Somdopgna, ma considerate le condizioni attuali da scordarselo. Quindi anche per questa parte in salita, seppur con qualche inconveniente sui gradini più evidenti, cmq si riesce a salire. In discesa per più di metà sentiero ho tenuto la tavola ai piedi ma specifico che pur andando piano bisogna controllare bene l'attrezzo, non c'è possibilità di intraversare la tavola per frenare e quindi vanno utilizzati solo i bordi spesso scoscesi e pieni di pietre e radici. Il rischio dovuto ad un cattivo controllo è volare giù per ripidi pendio in mezzo ad alberi, rovi e senza neve. Una volta usciti dal bosco l'amara sorpresa: in alto di neve non c'è n'è, il vento ha spazzato tutto. E diciamoci la verità anche se ce ne fosse stata non mi sembra poi una gran sciata. Con più neve di sicuro si potrebbe scendere nel canalino proprio sotto alla cima ma ciò poi costringerebbe ad una diagonale tirata per riguadagnare la cresta vicino al bivacco, e non oso pensare cosa succederebbe su quei pendi con parecchia neve se tagliati in maniera così netta. Un canale carino è quello che dall'anticima porta direttamente al bivacco (circa 150mt) e direi che è finita qua. Poi appunto il bosco fino alla sella sodopgna, poi togli tutto risali al grego e poi discesa nel bosco fino alla macchina (che ho fatto a piedi). Direi che alla fine sono contento di averla fatta, ma quasi di sicuro non la rifarò.
Sperando che qualche fiocco venga anche dalle nostre parti, la prossima volta proverò sella nabois, forse lì una sciatina ancora si riuscirà a fare.
saluti, nicola
Martedì 10 Gennaio 2012 14:35


Trattasi di foto recenti, cioè della salita del 7 gennaio, e per me si tratta di cosa rara. Ormai il mio cellulare ha una patina costante davanti all'obiettivo ma questa volta le immagini rendono un po' l'idea di quanto ho trovato.
Con bollettino grado 3, partire con gite dai 2000mt in sù non è proprio una gran idea. Ma la neve al momento nel nord-est è solo lì, anzi mi correggo non c'è nemmeno lì. E' veramente assurdo, il vento ha fatto disastri non c'è neve e quella poca che c'è è pericolosissima.
Io e Samuele partiamo dalla diga questa volta, siccome il primo pezzo della pista è senza neve gli propongo di salire per il sentiero estivo. Mi guarda e mi dice che sono scemo, però mi segue. Il pezzo è carino e la salita lentissima, il vento ha spostato tutta qua la neve, battiamo traccia in mezzo a mughi e arbusti con mezzo metro di farina incosistente. Serve per fare esperienza mi dico e ci credo. Poco prima di arrivare sulla pista attraversiamo l'unico pezzo aperto battuto dal vento e mentre ci sono sopra ringrazio che non faccia più di 20° perchè sento un tonfo sordo da pelle d'oca e vedo una crepetta da lastrone da vento lunga trenta metri. Parlo con Samuele e qualsiasi velleità di percorso scompare (lui l'aveva già fatta scomparire ieri ma io in fondo ancora ci speravo), ci diciamo che arriviamo sotto lo spallone (solitamente sicuro) e poi vediamo com'è. Continuiamo a risalire per la pista deserta e battuta dal vento a 50 km, incredibile sull'altro versante hanno aperto la funivia e scoprirò sulla strada verso malga ciapela che sono formiche, da questa parte in tutto siamo in 4 e nemmeno negli stessi orari. Arriviamo a Pian dei Fiacconi e capiamo ben presto che c'è poco da fare, il vento ha distrutto tutto ciò che potrebbe essere sciabile. Lo spallone da qui sembra uno specchio vetrato. Procediamo ancora un pò, risaliamo fino a spuntare oltre la linea del sasso delle dodici e poi decidiamo che il nostro per oggi l'abbiamo fatto. Smontiamo tutto ed inziamo la discesa, scendiamo in parte al sasso delle dodici e la neve è difficilissima. Tutta crosta ed accumuli misto sassi appena nascosti. Faccio fatica io con la tavola a galleggiare e rompere la crosta figuriamoci Samuele con gli sci (che sò mi stà odiando).
Il resto è cronaca di rientro, una birra, una zuppa e l'idea che tra noi ed il divano almeno stavolta abbiamo vinto noi. Certo che se non cambia il tempo qui a nord-est la vedo grama.... saluti nicola
Martedì 10 Gennaio 2012 14:00

altra foto di repertorio, ma almeno questa volta l'uscita è più recente. tra l'altro trattasi di sella billapec e non della ursic, ma ahimè tocca accontentarsi.
Preso dalla disperazione e prima che i pranzi e cene natalizie e capodannesche mi sequestrassero mi decido di andare a cercare neve a Sella Nevea. Questa volta sono solo, e così scelgo un itinerario sul sicuro ma che dovrebbe dare grande soddisfazione. Salire da sella nevea, arrivare in sella ursic, scavallare e poi risalire sella billapec e raggiungere il rifugio Giberti. Il tutto da fare con calma e con il nuovo attrezzo (splitboard). Parto presto da casa e alle 8.30 sono pronto sulla neve e risalgo la pista. Senza troppe voltate la splitboard è eccezionale e mi bevo i 700mt di dislivello per arrivare al Giberti in un'ora e un quarto (mai successo). La salita è già tracciata e così seguo chi precede (tutte tutine con due stuzzicadenti ai piedi). Arrivo al primo canalino ed è già ravanato, la neve è inconsistente, cioè è solo riportata quindi ce ne poca e dove ha fatto gli accumuli anche se c'è un metro non tiene nulla. Stacco tutto e risalgo a piedi, inoltre perchè sono mona invece di aggangiare la split allo zaino la porta in spalla tanto sono solo 80mt (che scemo che sono...). Esco dal canalino schifezza misto inferno ed ho già sudato 7 camice, però mi dico che il peggio è passato ed adesso c'è solo da divertirsi. Appunto. Il tempo cambia e quel poco di sole scompare ed inizia il vento, la conca versa sella Ursic è già macinatina ma tanto che importa devo scendere sull'altro versante... Arriva il secondo canalino (100mt un po' pendenti e tutti di neve riportata ed accumulata), le tutine hanno tracciato proprio lì, io sarei salito da un'altra parte avrei raggiunto una selletta allungato lo sviluppo ma poi proceduto tutto in crestina senza mille svolte. Ma mi dò del mona e mi dico "ma questi fanno gare vuoi saperne più di loro??". E così li seguo, ad ogni voltata li invidio: questi sembrano cavallette io un elefante. Uno di loro si spacca persino uno scarpone e così fiero gli dico: "se vuoi guardo cos'ho nello zaino?", lui mi fa segno che non serve, passa avanti e poi dopo 50 mt si ferma e mi aspetta. Mi tolgo lo zaino e parte l'inventario (ramponi, picca, piumino, rampant, felpina, thè, biscotti, casco, pala, sonda e sacchetto porta tutto compreso dello spago), lui mi guarda come si guarda un marziano... però il mio spago lo prende e lo usa. Mi saluta e scompare all'orizzonte in circa 10 secondi. Io inizio a smaddonare veramente, la neve non tiene nulla ad ogni inversione perdo 3 mt, così decido di togliere nuovamente la tavola e salire a piedi. Peggio di prima, la pendenza è maggiore e c'è più neve, sono dentro fino alla vita e mi ostino a portare la tavola in mano (mona tre volte). Finalmente su un pezzo di ghiaccio i miei scarponi fanno presa e mi isso all'uscita del canalino, bene ora mi rimane una piana schifosissima prima della sella. Bhè poveretta la piana è anche bella, ma considerando che ora il vento tira forte, io sono sfinito per aver camminato nella neve per mezza giornata e quindi dovrò scendere per dove sono salito. Arrivo in sella e l'ambiente è sempre magnifico, mi riprometto che ci tornerò e finirò il giro. In quel versante si arriva sotto il Canin e la discesa sembra molto divertente. Riguardo l'itinerario di salita, bene! Anche quel pò di luce che c'era è stata coperta dalle nuvole così non si vede proprio più nulla di gobbette, accumuli&affini. Infatti nella piana arrivato ad un passo dal primo canalino mi incarto e ravano ancora un po' che mi mancava. Sul canale sono spazientito e mi lancio per aggredirlo, per fortuna gli sciatori sono tutti scesi a destra e così vado a sinistra in mezzo ad alcune roccette cercando un po' di pendenza, vedo un saltino, arrivo sul dente e sotto c'è una tutina che sta salendo... va bhè non è giornata, curvo e riprendo la discesa ed il pezzo bello è già finito. Conca smacerata e canale finale ormai in stati a dir poco pietosi, riprendo la diagonale verso il Giberti ed ovviamente è troppo poco pendente per arrivare fino alla fine e così mi trovo nuovamente a camminare sulle uova sprofondando fino alla vita. Arrivo al Giberti contento come una Pasqua, mangio pasta e fagioli, e considerando la fortuna e la pista chiusa fino al parcheggio mi evito di essere l'unico a beccarsi una multa oggi. Prendo la cabinovia per scoprire che l'arrivo è due tornanti più sotto rispetto a dove ho parcheggiato la macchina. Chissà perchè non riesco mica ad essere incazzato, metto via la roba e mi ripeto "in fondo sono stato in montagna". saluti nicola
Martedì 10 Gennaio 2012 13:14
Guarda le foto di questa relazione nell'album Forcella del Dente

Uscita di repertorio, perdonate la non attualità ma l'astinenza da precipitazioni favorisce il rifugio nei bei ricordi.
A parte gli scherzi, trattasi di gran bell'uscita nel comprensorio del Sassolungo in un ambiente magnifico ma facilmente accessibile. Unica difficoltà ma che potrebbe essere bloccante, un canale di circa 200mt (forse un po' di più) bello pendente, non sò i gradi giudicate voi. Da percorrere ovviamente con nevi sicure alemno il primo tratto. Nel caso si può entrare dalla forcella del sassolungo meno pendente ma senz'altro molto meno solitaria rispetto a quella fatta da noi.
[video:http://www.youtube.com/watch?v=4uZwgLhybiQ&feature=endscreen&NR=1 300x300]
Si parte dal passo sella e specificatamente dalla seggiovia che porta verso il sassolungo, scesi si sale sulla cresta dietro la seggiovia e la si percorre tutta fin sotto i paretoni meravigliosi poco a sinistra delle 5 dita. L'ambiente è grandioso e a roccia è spettacolare, rosa come il sederino di un bambino. da qui si calzano sci o tavola e si percorre un lungo diagonale fino alla Torre Innerkofler. Il pendio è sempre esposto ai raggi del sole e quindi la neve solitamente è assestata, ma vale semrpe la regola che nel dubbio meglio stare basse e poi farsi qualche metro in più in risalita. Il canale è facilemente riconoscibile, sono circa 300mt a sinistra appunto della torre. La pendenza si fà subito sostenuta ma in fondo si tratta di un breve strappo, occhio che se si arriva troppo tardi con neve trasformata si ravana un bel pò. Arrivati in forcella arriva il bello, attenzione che può crearsi un po' di cornice ma dovrebbe facilmente essere aggirabile risalendo ai lati. L'ingresso un pò di adernalina la mette, ma poi acquistata l'indispensabile sicurezza si gode e basta. L'uscita dal canale è magnifica in una conca generalmente con neve splendida, qui si può sciare liberamente dove si vuole con l'accortezza di passare poco sotto il rifugio Vicenza e portarsi poi sul versante destro orografico oltrepassando i cavi della teleferica di servizio al rifugio. Ora manca solo l'ultimo tratto del rado boschetto che porta alla strada di collegamento tra l'Alpe di Siusi e Monte Pana. Con un po' di fortuna si può aguantare l'autobus che passa, altrimenti si rientra a piedi. Arrivati al Monte Pana si può rientrare al passo Sella o con gli impianti (verso il ciampinoi e via di seguito) oppure scendendo a Santa Cristina con i mezzi pubblici.
Traversata consigliatissima, poco dislivello e tanto divertimento, inoltre verso la fine si può intravedere uno dei prossimi obiettivi! chissà??!!

Lunedì 14 Novembre 2011 13:13
avverto prima... trattasi di foto di repertorio ...e pure del periodo preautunnale.
e perchè direte voi? Immagino già i vostri pensieri: "sei andato da PN fino al passo fedaia, ti sei alzato alle 5.55 AM, ti sei fatto due ore e mezza di strada, 1250mt di dislivello in salita e non hai nemmeno fatto una foto?? neanche con il cellulare???"
ebbene sì avete ragione, non ci sono spiegazioni logiche se non quella di spiegarvi un mio grandissimo difetto: mi piace talmente quell'effetto che si crea di simbiosi con l'ambiente quando vado in montagna, tanto che l'idea di fare una foto (e tornare nel mondo della pianura razionale) incute in me la paura che l'incantesimo si spezzi.
Martedì 01 Novembre 2011 17:59
Guarda le foto di questa relazione nell'album Prima sciata in Marmolada
Itinerario non molto impegnativo dal punto di vista tecnico, ma sono sempre 1200m di dislivello. Finalmente ho la possibilità di provare la new entry per questo inverno i Black Diamond Quadrant. L'appuntamento è alle 6 di fronte al negozio Nico's Alp di Roveredo in Piano, con Flavio e Saul, poi alle 7 incontriamo Renzo a Ponte Nelle Alpi. Alle 8 siamo pronti, al Passo Fedaia, la giornata è splendida, non ci sono nuvole e siamo tra i primi a partire. Il primo tratto lo facciamo a piedi, seguendo la strada che scende dalla pista, poi dopo circa 150m di dislivello riusciamo a calzare gli sci. Saliamo con buona andatura e percorso libero sino sotto al Rifugio Serauta, poi si prosegue su di una comoda traccia l'evidente percorso sino a Punta Rocca. L'impegno fisico nell'ultimo tratto è abbastanza forte, e come al solito Renzo prende le distanze, io lo seguo con fatica, mi fermo a fotografare e a rifiatare, il panorama diventa grandioso, sembra di stare in un altro pianeta, le montagne attorno sono ancora tapezzate dall'erba ormai ingiallita, mentre noi siamo qui sul ghiacciaio, spettacolare. Passiamo a fianco ad alcuni crepacci ancora aperti, e poi siamo in cima, dove un gatto delle nevi si offre come comodo appoggio per le nostre stanche gambe.
Il panorama è grandioso, ammiriamo i gruppi montuosi con i pendii che abbiamo risalito la passata stagione, il Sella e le Tofane spiccano su tutti, anche per i ricordi che fanno venire in mente. A ruota arrivano Saul e Flavio, e siamo pronti per ridiscendere, mentre stanno risalendo molti altri scialpinisti. Per non rischiare decidiamo di ripercorrere la pista, la neve anche se rovinata dai tanti passaggi dei giorni scorsi è ancora polvere, e qualche pendio vergine lo riusciamo a scendere ancora, nel tratto finale bisogna fare attenzione ai sassi.
Per quanto riguarda l'attrezzatura, i Quadrant li ho trovati degli ottimi scarponi, con lo stesso peso, mi sono preso degli scarponi a 4 ganci, comodi in salita e che in discesa mantengono quello che promettono, sono molto più rigidi dei vecchi scarponi e permettono un'ottima sciata.
Giornata da urlo, tenendo conto che siamo a fine ottobre, adesso toccherà attendere il freddo e qualche altra nevicata, nel frattempo bisogna sempre tenersi in forma.
Martedì 10 Maggio 2011 21:06
Guarda le foto di questa relazione nell'album Tofana di Rozes 01-05-2011
Maggio 2011
Era un po' di tempo che pensavo alla Tofana di Rozes da fare con gli sci, la pulce nell'orecchio me l'aveva messa Flavio, una salita impegnativa per me al secondo anno di scialpinismo, da non sottovalutare,
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