Guarda le foto di questa relazione nell'album Ferrata Cassiopea alla Torre Comici in Val Cimoliana
La Ferrata Cassiopea è considerata da tutte le guide, come una delle più belle ed impegnative delle Dolomiti, posso tranquillamente confermare il giudizio, è anche doveroso aggiungere che purtroppo è anche l’ unica dell’ intera Valcellina.
Guarda le foto di questa relazione nell'album Monte Pelmo per la Cengia di Ball
Era da tempo che volevo salire al Pelmo, in Dolomiti del Cadore, per motivi diversi. Sicuramente il più importante era quello di vedere la salita per poi farla in versione invernale con gli sci da alpinismo, poi c' è da dire che il Pelmo è la montagna che dalle nostre cime, in Alta Valcellina, vedi sempre.
Guarda le foto di questa relazione nell'album val culea
25/04/2013. Sella - Forcella del Sas da Lech.
E' conosciuta come la "Val Culea integrale" che è un nome che ci stà tutto. Difatto è la naturale prosecuzione della valle e del suo canale, però non sò precisamente perchè quel nome non mi piace.
Comunque al di là del nome è una gita bellissima, e se si possiede un buon controllo degli attrezzi in discesa, è tutto sommato alla portata di tutti o quasi (BSA).
Il dislivello non è molto (circa 1.000mt forse un po' di più con lo sviluppo), ma il suo sviluppo (sostenibilissimo) è proprio bello. Questo giro permette di addentrarsi all'interno delle due valli più belle del sella: la val setus in salita e la val culea in discesa.
Si è sempre circondati da bastioni rocciosi e minacciosi, con pareti di canali sempre vicine a pressarti un po', ma in fondo difficoltà particolari non ce ne sono e permette con la risalita dell'ultimo canale anche di un pizzico di parte alpinistica (risalita di 150mt di canale senza corda ne altro, solo ramponi) che non guasta.
Si parte dall'11° tornante salendo da Colfosco, solitamente c'è un bel parcheggio sulla sinistra. Quest'anno vista l'abbondante nevicata c'era ancora la pista! Poco male al successivo tornante troviamo dove parcheggiare l'auto. Mario alle 23.45 tira fuori la tenda... lo guardo un po' scettico (pensavo di dormire in macchina), ma in 5 minuti d'orologio è già montata. Fà un freddo becco, ma a stà montagna non gliel'ha detto nessuno che era previsto zero termico a 3.000mt?
Una pisciatina, una risata, due battute e a mezzanotte e mezza ci distendiamo nei sacchi a pelo. C'è un'umidità all'allucinante e così si stà bene tutti vestiti dentro il sacco a pelo che viene chiuso anche sopra la testa. Un po' di rumori vari e penso che non dormirò poi molto... il secondo suono che sento è quello della sveglia alle 4.45!
Mannaggia a Mario che mi convince sempre a partire presto, esco fuori è buio esattamente come quando siamo andati a letto. Si torna velocemente a dormire e stavolta Mario mi dice: "ma io mi appoggio ma non riuscirò ad addormentarmi...". Apriamo gli occhi grazie alla sveglia puntata alle 5.30 altrimenti saremmo ancora là in curva a dormire. Un pò pigramente facciamo colazione e poi inziamo a prepararci. Ora si vede benissimo ed alle 6.00 partiamo.
La neve è durissima e mettiamo subito i rampant che non toglieremo mai.
La Val Setus è splendida, ti accoglie subito con un primo pendio a 40° che ti toglie il fiato e poi appena torna un filo più dolce ecco che arriva la vera valle quella stretta tra le rocce con i gradi che diventano 45 e blocchi di valanga da tutte le parti. E' meravigliosa e mentre la salgo mi dico che è un affronto per questo posto pensare di passarci e non scenderla.
Cmq saliamo bene ed abbastanza rapidi e superata la Setus arriviamo al primo terrazzamento, da qui si gira a sx ed un pochino la discesa sembra farsi vedere ma in realtà è solo una variante non sarà quella da cui si scende. Andando verso il Rifugio Piassadù decidiamo di stare alti per non perdere quota (al massimo 100/150mt) in compenso ci spariamo un traverso lunghissimo su pendenze da 35° in sù con neve massacrata fin dal primo sole (che la splitboard proprio la ama). Nemmeno con i cingoli sarei riuscito a far tenere la tavola che stà a valle, penso: "... come ti amo Mario..." ma lui con i suoi scietti è troppo lontano per sentire le insolenze. Va bhè dai fà tutta tecnica dicono, anche se per ora mi sono massacrato il metacarpo sinistro ed il quadricipite dx è in fiamme.
Arrivati a metà valon del Piassadù (però senza aver perso quei 100mt di dislivello!!) sulla dx si apre un primo canalino. Bhè più che un canalino sembrava un troi, all'inizio largo dieci metri e poi tutto pieno di sassi, passaggi da brivido & c. Io e Mario ci guardiamo e diciamo "bon è questo", poi per fortuna ci viene in mente di proseguire più avanti e dopo nemmeno 100mt in orizzontale sempre sulla dx si apre un autostrada verticale che porta alla forcella del Sas da Lech.
ci ostiniamo a tenere gli sci a piedi (nemmeno ce l'avesse ordinato il dottore), poi però dopo tre diagonali cediamo. Mario con scarponi rigida scaletta abbastanza bene, io con i Fitwell metto i ramponi semiautomatici e mi sento come un pascià. Pian piano saliamo e ci godiamo l'ambiente spettacolare con un sole che scalda l'animo.
Arrivati in forcella la prima impressione è che la discesa potrebbe essere un po' uno schifo. Vediamo due skialp che stanno salendo (sul versante che noi scenderemo) a zig zag tra blocchi di neve, valanghe e pezzi ghiacciati. "eh va bhè ma il giro è bello, ne valeva la pena...", decidiamo di aspettare che il sole entri nel canale per scaldare un po' il manto e regalarci un po' di firn. Attendiamo 45' facendo qualche foto e cazzeggiando, ma sia io che Mario sembriamo due bambini con un sacchetto di caramelle a dieci centimetri. Non aspettiamo oltre. I due skialp sono arrivati in forcella, due chiacchiere un saluto e via giù a manetta.
Parto un po' sul chi va là ed invece i primi 200mt sono fenomenali!! Polvere pura ed i blocchi di valanga sono soffici e con al punta della tavola esplodono... che figata.
A stò punto siamo galvanizzati edcontinuiamo la discesa senza troppe pause.
L'itinerario è poetico: si parte dalla forcella nel canale ripido (45°), poi si stringe un pochino per arrivare sul primo terrazzamento da cui già si intravede il secondo canale d'accesso alla valle sottostante (la val culea appunto). E' invitante e naturale, non può venirti in mente di andare da un'altra parte. Imboccato il secondo canale le pareti ti sono addosso e poi si apre la parte più bassa ed ecco che ti para davanti un terzo canale ancora più stretto. Sarei già dentro se la relazione vista il giorno prima non avesse detto: "non entrare nell'ultimo canale ma traversare dopo le rocce a dx per rientrare al passa gardena".
Io sono rientrato a destra e senza mai spingere dopo qualche dosso sono arrivato in pista e da lì alla macchina... ma la poesia diceva dritto e prima o poi dritto ci vado, impossibile che la natura abbia concesso un invito del genere se non avesse voluto essere percorso.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album Monte La Banca
13/04/2013 - il traverso
Ogni tanto capita, si sbatte il muso e ci si calma.
Questo è quanto mi è successo sabato scorso. Io e Mario ci svegliamo presto (alle 4 partenza da PN) il giro preventivato è bello tosto: passo san pellegrino, cima del monte La Banca, discesa in val ombrettola, risalita alla forcella del bacchet, discesa a sud verso le furciade e rientro alla macchina.
Tutto bellissimo, anche le relazioni (Sani e Alpi Venete) che segnalavano qualche dubbio in merito al traverso per cambiare valle e portarsi sotto la cima sull'altro versante. I problemi poi sono in loco: in valle tutto bene, ma quando inziamo a salire tutti i pendii a sud sono svalangati con fondo molto duro e scivoloso e sopra pochi millimetri di polvere riportata dal vento (per lo più pallottolare).
Il traverso lo vediamo da lontano e ci diciamo tra noi che probabilmente da vicino ci sarà un passaggio. Saliamo 900mt fino ad arrivare al dunque ma di passaggi nemmeno l'ombra. La neve, parecchia rispetto alle foto delle relazioni, ha coperto interamente la cengia e così mestamente prendiamo un bellissimo canale a 45° e ci portiamo nel fondo valle.
Nel frattempo 3 ragazzi stanno salendo nel canale affianco (che nelle relazioni era portata come variante), così decidiamo di ripellare ed andare a vedere quest'altro canale. Quando arriviamo là sotto vediamo che l'uscita è bella in piedi e così se vogliamo arrivare in vetta poi è un po' antipatico doverlo ridiscendere disarrampicando. A quel punto dovremmo completare il giro ed orami avendo salito precedentemente l'altro itinerario è troppo tardi.
Cambiamo setting e via in discesa fino alla macchina. Alla fine la giornata è stata bella, i due canali erano molto carini, ed i metri di dislivello (di cui parecchi fatti con ramponi e picca) si sono fatti sentire, però rimane l'amaro in bocca e la guancia rossa con il segno dello schiaffone dato dalla montagna.
Non sò se la stagione permetterà una ripetizione, cmq sia arriverci a presto.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album Norvegia 2013
dal 27/03 al 07/04.
E' difficile condensare 10gg di scialpinismo senza dimenticare qualcosa ma sintetizzando nella giusta maniera. Esperienza unica nel suo genere, era da un po' che volevo vedere com'era la neve fuori dall'Italia e la Norvegia mi ha colpito.
Mi sono aggregato volentieri all'organizzazione Inmont, e per quanto mi riguarda, Massimo e Gianni hanno fatto un buon lavoro. Sono guide e non agenti di viaggio e come tali hanno dato quel senso di sicurezza che fà vivere l'escursione con aria più sollevata.
La neve: fantastica, metri e metri di polvere leggerissima. Dicevano che era da 50 anni che non si riscontravano condizioni del genere. Abbiamo pagato o scotto con un pericolo valanghe elevato che non ha permesso di scegliere alcuni itinerari più ripidi ed un meteo balordo che non concesso tregue (ma noi ostinatamente siamo riusciti ugualmente a sciare tutti i giorni).
L'ambiente: è strano, dire bello è riduttivo. molto contrastato. accanto a paesaggi naturali unici (montagne, acqua, fiordi, neve) si trovano pescherecci, porti, aeroporti, archiettura moderna per nulla l'impressione fasulla della ruralità in montagna a cui siamo abituati dai paesaggi dolomitici per turisti.
La sciata: meravigliosa e facile che spinge a portarti al limite senza nemmeno accorgerti. i pendii sono apertessimi spesso senza ostacoli, il bosco (per lo più betulle) se scelto con accuratezza è sciabile e divertente, le cornici sono di taglia extra large ed il pericolo magggiore è il vento che spinge a più non posso.
La logistica: abbiamo fatto base a Tromso, posizione centrale che ha permesso con spostamenti relativamente brevi di vedere zone molto diverse: dalle alpi di Lyngen fino ai fiordi con affaccio sul Mar Baltico. Inoltre è una vera città con supermercati per fare la spesa e potersi sfamare a prezzi abbordabili (al pub birra, patatine e hamburger €45).
Conclusioni: mentre stavo ripartendo non provavo quella solita strana sensazione di non voler tornare a casa, mentre ora che sono a Pordenone da 3gg non vedo l'ora di ritornarci.
Se a qualcuno servissero info più dettagliate contattatemi fornirò tutto quanto in mio possesso.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album forcella del Cason
16/03/2013 - Forcella del Cason
Zona: Friuli, Carnia, poco dopo Forni di Sopra verso Passo della Mauria
Luogo di partenza: dopo l'abitato di Chiandarens, nel parcheggio vicino all'anello da fondo
Quota di partenza: 966mt
Dislivello: 1.262mt
Esposizione: Est, Nord Difficoltà: BS
Fattibilità in snowboard [1-5]: 5 (3 la strada forestale se ghiacciata)
Fattibilità in splitboard [1-5]: 5 (3 la strada forestale se ghiacciata)
Materiale alpinistico necessario: ramponi, picca e casco (in caso di fondo duro nel canale)
Cartina: Tabacco, foglio 02
Descrizione itinerario: Alternativa d'eccelenza e senza dubbio più interessante alla più famosa forcella dei Pecoli. Le montagne sono quelle dei Monfalconi e degli Spalti di Toro che non hanno nulla da invidiare alla dolomiti più famose. Ambienti sempre bellissimi con viste spettacolari sulle cime vicine e lontane, stranamente non così respigenti come solitamente accade in questa zona.
Salita: dal parcheggio si segue in lieve discesa la pista da fondo, arrivati al ponte sul tagliamento si attraversa sempre in direzione del rifugio Giaf. superare un secondo ponte sul fiume e rimanere sulla strada forestale anche dopo aver incrociato il bivio con il sentiero estivo (disagevole) per il rifugio. Dopo essere usciti dal bosco, senza raggiungere il rifugio, prendere uno dei dolci canali di salita che portano verso i risalti rocciosi, a sx si trova forcella dei Pecoli mentre a dx è riconocibile quella del Cason. Risalire tutti i pendi verso l'accesso della forcella preferendo una traccia alta al di sopra del masso centrale. Con numerose svolte raggiungere l'apice del canale. Volendo con un'altra mezz'ora si può raggiungere la Forcella da las Busas e scendere per altro canale verso il rifugio.
Discesa: Lungo l'itinerario di risalita
Attenzione a: il grande catino prima del canale si riempie con facilità di accumuli da vento con creazione di lastroni. stare all'occhio dai versanti sx verso forcella Urtiesel in quanto percorsi da grandi valanghe.
Bibliografia e riferimenti utili: Scialpinismo in Carnia, 2009, Edizioni Inmont (a mio parere il più bel libro di sempre dal punto di vista editoriale per itinerari di montagna e scialpinismo, non può mancare nella biblioteca dell'appassionato).
Quota neve: dalla partenza
Meteo: Splendido, meglio sarebbe stato impossibile
Tempo impiegato: 3h e 1/2
Condizioni itinerario: Dalla partenza alla stradina cemento armato da rischio vita in discesa (non scherzo), sopra il bosco molto varia da crosta a farina risportata a spelata dal vento, nel canale bella fondo duro con sopra dai 10 ai 20cm di neve nuova non morbidissima ma bella.
Commenti: che bella giornata e che bella uscita. Mario compagno ottimale, ci si intende a meraviglia. Partiamo per fare forcella dei Pecoli ma appena vediamo quella del Cason è bastato un secondo per cambiare idea. Abbiamo tracciato fino a metà canale, poi un paio di arzillissimi skialp ci hanno superato continuando poi per la deviazione verso forcella de las busas. Anche per questo motivo abbiamo scelto invece di scendere per il canale di salita godendoci la prima traccia. Dalla forcella il panorama è unico, uno spettacolo, non riesco nemmeno a trovare le parole per descrivere il paradiso di queste vallate. Che dire... andateci.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album huda paliza
02/03/2013 - Val Saisera.
L'Huda Paliza è uno di quei canali che ti sogni da piccolo, sapendo che ci sono parechie probabilità che nella vita non ci riuscirai mai a farlo. Poi con il passare del tempo impari un po' di tecnica, fai un po' di fiato, metti il naso fuori di casa ed inizi a percorrere i classici dello scialpinismo e così alcuni di quei sogni ripidi vengono messi da parte perchè ti racconti che "a me interessa altro". sono bugie a fin di bene, me le dico perchè la verità troppo esplicita con noi stessi taglia le gambe e rattrapisce le ali della fantasia.
e così si và avanti con gli anni, si impara un po' di più, si acquisisce sicurezza e l'anno scorso si va a mettere il naso in val saisera raccontandosi che "è solo per andare a vedere altri posti, ma no lì è proprio impossibile".
Quest'anno le condizioni c'erano tutte, la neve, il compagno (samuele) e lei era là troppo invitante per dire di no. La giornata però parte tutta in salita, alzataccia arriviamo in valle e non si vede un'ostia. Una coltre di nubi un po' troppo spessa rispetto alle previsioni è là fissa appena sopra il bosco.
Va bhè partiamo e poi vedremo e le Alpi Giulie fanno subito capire di che pasta sono fatte. Bisogna macinare km per avvicinarsi alla montagna, abbandonare l'anello di fondo, risalire un bosco e poi infilarsi in un canyon con delle cascate incredibili (per un relazione dettagliata vi rimando a "Alpi Giulie Gruppo del Montasio", 2003, di M.CAndolini). Fin lì qualcosa si vedeva ma dopo vermente più nulla. la relazione dice che "il canale da sopra le cascate si vede in tutta la sua lunghezza", ma qua oltre al mio naso sono fortunato se vedo la punta della splitboard. Vaghiamo un po' a naso e poi tiriamo fuori la cartina, la orientiamo, sbagliamo un paio di tentativi finchè con un po' d'intuito decidiamo di salire verso le nuvole finchè si può e poi scenderemo.
Ed è stato così che ci siamo infilati propio nell'Huda Paliza, che ci ha voluto bene fin dall'inizio premiando la nostra perseveranza, e più salivamo più la visibilità migliorava fino a spuntare sopra alle nuvole ed ha percorrere questo orrido lenzuolo incassato tra le rocce fino alla forcella di Terra Rossa.
La discesa è entusiasmante, ma poi sotto ritornano la Alpi Giulie a ricordarti dove sei. E così dopo una giornata di fatica ora tocca il lungo rientro prima nel bosco e poi nell'anello di fondo. Ma ormai sono gli automatismi che ti fanno andare avanti e la stanchezza non fà più paura.
E' un luogo straordinario ed è valsa la pena sognarlo per tanto tempo.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album palantina
23/02/2013. Cimon di Palantina.
Bene, dichiaro apertamente il mio eterno ed appassionato amore per questa montagna.
Sono certo che trattasi di montagna "femmina", è ovvio, non può che essere così.
L'ultima volta che sono riuscito a salire e scendere con la tavola era più di tre anni fà.
E' bella, ma di una bellezza sconvolgente, che ti lascia senza fiato. Fin dalla prima volta che la vedi da lontano, dalla pianura triste in cui viviamo, non può che affascinarti e rapirti. La notte non dormi più ed ogni sogno sarà dedicato a lei, a quella pala finale che ammalia la fantasia e che nessun altra cima fin'ora è stata capace di scalzare.
Non esistono delle motivazioni serie e reali per questa passione, o forse ne esistono anche troppi: l'itinerario completo in val de piera lungo uno dei boschi più belli del pianeta, l'assoluto silenzio che ci avvolge in salita, l'uscita nel bacino della casera con il portale fatto dagli abeti, le cime intorno che la guardano con rispetto e timore, lei stessa che ti guarda incutendo rispetto e timore, il bastione roccioso a suoi piedi, la pala finale splendida inclinata lunga e pulita, una croce di vetta spesso avvolta dalla neve ed il ghiaccio cosicchè scompaia lasciando le cime alle cime e non ai simboli degli uomini conquistatori.
Ma forse la domanda più logica è: come fate a non innamorarvi dopo averla conosciuta?
Esteticamente è perfetta. La sua salita e la sua discesa sono complesse ma non impossibili.
Bisogna sempre stare all'occhio e non lasciare a casa mai nulla (rampant, ramponi e picca). Quella volta che non li porti ti servono e non sali.
Dapprima il bosco messo lì ad abbassare le tue difese, poi l'ampia conca spesso soleggiata e così pensi "bhè che mai sarà" e così ti ha fregato. La cresta sottile che porta alla strozzatura sembra il profilo dei fianchi di questa dea. Sinuoso e sensuale, quando salgo qui la mente si abbandona e non esiste altro: la montagna, il cielo ed io.
Se ti ha permesso di arrivare fin qui e sei fortunato che ti lascia accedere anche alla parte superiore ormai sarai suo per sempre. Non importa se sali con lunghi zig-zag per gustarti fino alla fine quel pendio, oppure se vai sù dritto con i ramponi lungo quel profilo con il dirupo verso il cornor, il lastè e tutto il mondo che c'è a ovest. Una volta arrivato in alto non è finita devi ancora proseguire lungo la sua schiena che và accarezzata fino alla fine, semprechè questa fine esista.
La Palantina è una sirena, una volta lassù vorresti rimanere in eterno e non è detto che questo non possa essere l'ultimo dei miei desideri da mettere nel testamento.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album Canale del travignolo
Ammetto che era uno dei progetti, ma così com'è arrivato, è riuscito a stupirmi e superare qualsiasi aspettativa.
Dalla prima lettura di "100 e più itenerari delle dolomiti", di G.Sani, il passo del Travignolo e il canale mi erano rimasti impressi.
L'ambiente è eccezionale (non faccio relazioni perchè tra il libro citato e la rete se ne trovano): si tratta di uno stretto canale tra il cimon della Pala e la cima Vezzana nel cuore delle Pale di San Martino.
Ieri, io e samuele, siamo partiti dal Passo Rolle, arrivati alla baita Segantini abbiamo percorso le creste di destra per poi fare il lungo traverso sotto i bastioni di roccia. Terminato il traverso si entra nella conca del ghiacciaio del Travignolo che ha come sbocco naturale uno stretto canale con una roccia incastrata nel mezzo. Al suo culmine in primavera solitamente si forma una cornice di misure epiche. Alcuni lo fanno prendendo la funivia della Rosetta, poi discesa e breve risalita sul versante opposto (che io sconsiglio vivamente).
Per questioni di sicurezza (vedere il canale prima di scenderlo) ed anche un filo di etica (squisitamente interiore, ognuno fà quello che vuole in montagna) abbiamo deciso che saremmo saliti da dove si saremmo scesi e così è stato.
Forse il momento più delicato sono stati gli ultimi 200mt nella conca prima del canale: c'è tanta neve e nella zona (che non conoscevo) il vento lavora in maniera strana, e così su questi vasti pendii la risalita andava scelta tra i coni dove non si erano formati lastroni da vento. Poi i timori in discesa sono stati ridimensionati, in quanto era tutto molto più sicuro delle apparenze.
Il canale è magnifico e completo sotto tutti gli aspetti della montagna. Salendo siamo passati a destra della roccia con un passaggio, arampicando con i ramponi (a proposito ottimi i fitweel), non proprio banale. Al ritorno una breve doppia di 15mt (a sinistra del masso) ha permesso di superare l'ostacolo. Ci sono 2 soste (samu ne ha vista una terza anche nel canale più in alto) con cordini su spuntoni (di cui una con maglia rapida utile per la doppia).
Se già l'itinerario è di quelli che mi mettono i brividi, ieri la cigliegina sulla torta è stata sia farlo il primo di febbraio con innevamento invernale ed abbondante (battuta traccia dall'inizio fino alla fine, mentre samu più esperto di me ha arrampicato per primo), sia in totale prima traccia e senza anima viva nè all'andata nè al ritorno.
Il rientro alla baita Segantini sembrava il ritorno al mondo civile, mai ambito dal sottoscritto, che infatti è tornato alla nuda e cruda realtà perdendo il portafoglio non sò dove.
Al momento le uniche due foto col mio "schifo" cellulare, poi quando Samu le scarica e me le passa aggiornerò il post. (ndr: aggiornato il post).
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album val fontane
Io e Renzo, direzione il Sella.
Va bene freeride ma con una certa etica.
Così decidiamo, o meglio impongo, un'itinerario che da tempo volevo fare. la direttissima de la val fontane. "Facciamo quella e poi dopo facciamo tutto il freeride che vuoi" così ho convinto Renzo.
La Val Fontane è poprio un gioiello. Usciti dalla funivia del Sass Pordoi si arriva all'omomina forcella e si prosegue con un traverso in direzione del Rifugio Boè, appena arrivati in prossimità della cresta del Boè si calzano i ramponi e la si percorre fino alla cima.
La discesa parte dalla cima prima sul versante nord per un ampio pendio e poi si infila in un magnifico canale che parte bello irto (sui 45° credo) ma mai troppo stretto e poi prosegue lievemente meno pendente ma in mezzo a due bastionate rocciose altissime. In usciti si devia a destra per imboccare un susseguirsi di ude vallette divertenti che porteranno ad una stradina che conduce alla seggiovia del ponte vauz (verso arabba) che riporta sul passo Pordoi.
Il giro è splendido e poi oltretutto averlo fatto in prima traccia, da soli nel canale (in salita avevamo superato un gruppetto) con una neve perfetta ...non ha prezzo.
La giornata forse poteva anche terminare lì, ma avendo fatto il giornaliero ci siamo concessi un secondo giro. Ormai i canali joel e sass de forcia erano stati massacrati e così ci siamo diretti verso il canale col alton, interessante variante per entrare in val lasties.
Il canale è proprio bello, peccato che i molti passaggi l'avevano ormai un po' distrutto. In uscita fà sbalordire un immensa casacata di ghiaccio. Poi il rientro avviene per la val lasties, magnifica per il paesaggio, ma sciisticamente parlando indubbiamente meno interessante dei precedenti intinerari, oltretutto l'ultimo pezzo tra mughi, pini e mille tracce era molto da brontolii.
Rientramo al passo facendo un pezzo del sella ronda e l'impatto con il mondo degli impianti, ed i loro fruitori, mi spaventa sempre.
Un ultimo saluto alla signora maria al suo caffè, alla torta e alla porzione e mezza di tiramisù di renzo e poi a casa. Gran bella giornata.
Ora Renzo aspetto le tue foto....
saluti
nicola
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