Guarda le foto di questa relazione nell'album val setus e vallon pissadù
mercoledì nevicata inaspettata sulle alpi orientali, persino piancavallo per 24h regala un paesaggio natalizio. venerdì stò lavorando quando penso che il Sella potrebbe regalare ancora grosse emozioni. dopo 10 minuti arriva l'sms di Mario "domani val setus?"
considerato che quest'anno l'ho bramata da tempo, non ci ho messo più di due secondi a rispondergli "a che ora mi passi a prendere?"
oggi: sveglia alle 3.30, Mario passa alle 4.00. Alle 6.40 siamo al parcheggio della "tridentina" con altre due macchine già parcheggiate e due coppie che stanno salendo. Un'altra arriva mentre ci stiamo preparando.
inziamo la salita, un po' intimoriti dal luogo. sia per me che per mario è la prima setus e le relazioni insomma le conosciamo. fà già caldo ma subito si capisce che qui è il luogo ideale per la neve. l'ombra delle grandi pareti la protegge ed il manto duro porta bene.
più si sale e più la pendenza aumenta, le pareti si stringono e le inversioni si fanno più frequenti. lungo il canale troviamo parecchi grumi che metteno un po' in crisi la mia ancora acerba tecnica nelle inversioni con la split. nell'ultimo imbuto provo a staccare le assi per salire sulla massima pendenza con i soli scarponi. cagata abissale, sfondo fino alla coscia faccio una fatica bestia nonchè sul ghiaccio vicino alle pareti un equilibrio non proprio stabile mi fà stringere la dietro. appena esco dall'imbuto mi rimetto tutto e la salita procede meglio.
finisco la setus e Mario (gran sciatore) è sù che fa la muffa e ci dà dentro con le fotografie (altrimenti fosse per me nemmeno stavolta avrei avuto qualcosa da mostrare). i bastioni di fronte a noi sono bellissimi e imponenti. a quel punto Mario mi dice "bhè ma io volevo fare anche il vallon del pissadù".... sorpresa... bevo un pò e ripartiamo.
scendo fino al rifugio e poi risalgo il vallone, merita assolutamente l'ambiente è fantastico e per ora ci siamo solo noi ed una lepre bianca verso la sella.
quando sono le 9.30 siamo sull'ultima terrazza prima della sella del pissadù, mancheranno ancora 20 minuti, veramente poco ma la neve incomincia a mollare troppo e dalle pareti si sentono le scariche dei sassi. cambio set-up salita discesa e in un attimo siamo al rifugio, l'ultima risalita prima della setus. probabilmente per molti di voi sarà una comune discesa ma a me emoziona e parecchio. l'ho inseguita per tanto tempo (la prima volta circa 2 anni fa), provata e rimbalzato ed ora manca così poco. i dubbi sono leciti: e se non ce la faccio? e se la spreco e scendo male? e se mi cago adosso?
poi arriva il primo cono d'ingresso, scelgo di andare nella parte più alta e soleggiata per partire, la zona è vergine e la discesa acquista qualche metro in più, valuto il fondo che seppur scaldato mi sembra sicuro. tre respiri e mi butto.
la sensazione è subito magnifica, la tavola reagisce bene e le gambe non risentono della risalita ed attutiscono i cambi della neve. appena arriva l'ombra i grumi ed i segni aumentano ma la voglia di surfare è tanta e così continuo curvare ,una dopo l'altra e tutto va bene. man mano che scendo l'animo si alleggerisce e l'esperienza si arrichisce.
il canale termina e la sensazione è unica. ora manca un'altro bel tratto ma nulla a che vedere con quello appena passato. gioia immensa e felicità (vedi la mia foto).
proseguiamo verso valle e stacchiamo forse un po' troppo presto ma il rischio di grattare era assai elevato, un signore local ci dice che si può proseguire ed effettivamente una lingua di neve porta quasi fino alla macchina.
alle 11.30 chiudiamo le porte e ci dirigiamo ad una gran birra ed un piatto di polpette in onore di questa splendida valle che oggi ha voluto ospitarci ed accoglierci nel migliore dei modi.
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album val di mesdì
28/04/2012
Sempre io e samuele, due settimane fà dopo essere scesi dalla lasties con il brutto tempo, ci eravamo ripromessi di tornare per il nostro obiettivo principale: la val setus.
anche questa volta siamo stati "rimbalzati" non per colpa del brutto tempo ma l'esatto contrario: un sole eccessivo.
eh sì dopo 10 giorni di nevicate abbondanti e 3 gg di sole per l'assestamento sembrava proprio tutto perfetto, sembrava appunto, in quanto l'imprevisto caldo africano di ieri (zero termico a 3.500mt) ha scaldato vermente troppo in pochissimo tempo.
Arrivati al parcheggio della funivia sass pordoi il termometro segna +8, sono le 7.30 del mattino, si capisce ben presto che è una giornata atipica.
Il sole è magnifico ed il cielo limpidissimo, ci prepariamo ed iniziamo a salire verso la forcella Pordoi. Questa volta avendo visibilità scegliamo di seguire il sentiero estivo sulla destra, sale più regolare ed è più comodo. Dopo i primi 100mt, con la splitboard, sono costretto a mettere i rampant. La neve è durissima, quasi ghiacciata, effetto della presenza scarsa sui lati sud, di un po' di vento che ha lavorato e della fusione e rigelo degli strati superiori. Tutto intorno i canali hanno già scaricato e questo mi conforta.
E' impressionante quanta neve c'è (bhè non proprio sulla salita), pensare che per tutto l'inverno e fine a fine marzo il sella è stata meta da evitare...
La salita alla forcella Pordoi è proprio "bastarda", si presenta come una monata, abbastanza corta, si insomma anche un bambino salirebbe. Eppure tra ghiaccio, slavine e vento l'ultima parte è sempre da bestemmie con tenuta al limite ed il pensiero fisso "mò stacco tutto e salgo con i ramponi".
Arriviamo sopra la forcella e si apre il paradiso, un sole magnifico ed il sella tutto bianco.
Non c'è nessuno, ancora non ci credo ma cavolo non c'è proprio nessuno.
Siamo solo noi due... pazzesco.
Iniziamo la diagonale verso il Boè e gli effetti del ghiaccio superficiali ed il sole creano delle sensazioni uniche (vedi foto).
Anche qui la progressione, seppur su terreno facile, risulta non proprio agevole. La neve alterna tratti ghiacciati ad altri in cui si sprofonda. Alla fine attacco e stacco i rampant molto spesso. Arrivati sotto al Boè perdiamo quota ed entriamo nella conca, meglio una breve risalita che una diagonale in ombra ghiacciata.
Arriviamo a dieci metri dal rifugio, ci abbiamo messo 2h e 45. I tempi sono giusti come da programma, io e samuele guardiamo la sella del pisaddù, ancora un'oretta di sicuro, e poi la discesa e la risalita per imboccare la val setus. Si insomma ancora tre ore per arrivare al passo gardena. Sono le 10.15 e la neve ora è perfetta, inzia un filo a mollare ma è perfetta. Io e samu ci guardiamo, abbiamo già capito, e che cavolo scoccia però, è una giornata fantastica e siamo a più di metà... però però... però cazzo è vero fra due ore quando dovremmo entrare in val setus questo caldo africano avrà reso la neve veramente pesante... forse troppo. Io con la tavola ne vengo fuori, per Samu con gli sci forse è un po' troppo.
A malincuore decidiamo di allungare la pausa e scendere per la val mesdì approfittando di trovarla "vergine" (assolutamente impensabile per un itinerario del genere) con la neve al top. E' stata veramente una decisione molto combattuta.
Cambio setup salita-discesa e ci buttiamo dentro il canale iniziale. Sono avido ed approfitto di una piccola pausa di Samu che si ferma un secondo a guardare il primo pezzo. Questa valle l'ho fatta circa 3/4 anni fa, ma era tutto diverso, c'era la funivia, c'era gente e ne sapevo un po' meno di oggi. La memoria del pendio riemerge e così decido di farlo tutto d'un fiato. E' proprio bellissimo, pendente ma non stretto. Sul lato sinistro dove il sole è arrivato c'è un firn che permette molto, nel lato destro in ombra il ghiaccino che non ha ancora mollato vuole maggiore sensibilità. Che bello, prima due curve un filo più strette giusto per prendere le misure e poi via molla tutto e con quattro curve sono fuori dal canale.
Mi fermo e guardo dietro, che senso di pace assoluta e davanti c'è ancora tutta la valle da fare completamente intonsa, senza anima viva, con la neve segnata solo dalle slavine.
Non credo serva scrivere altro della discesa di un itinerario fin troppo inflazionato, ma che fatto in certe condizioni (come oggi), riacquista tutte quelle qualità naturali proprie percui nulla ha da invidiare ad altre escursioni più selvagge.
Già in fondo, purtroppo, come al solito la colpa è dell'uomo.
saluti
nicola
PS: appena usciti dal canale e senza aver dovuto attendere troppo tempo la neve era veramente pesantissima e fradicia, alla fine la decisione è stata perfetta. Non oso pensare che pappa avremmo trovato due ore dopo.
Guarda le foto di questa relazione nell'album jof miezegnot
Ad est si sà non ci sono condizioni però di starmene a casa non avevo voglia. Non ho giorni a disposizione per andare vicino al confine dove sembra che le neve cada solo lì.
Su thetop.it leggo una relazione di una salita nelle alpi giulie che mi sembra adatta ad una giornata in solitaria con una nevicata recente dopo mesi di penuria.
Guardo la carta e mi convinco che non sarà l'uscita del secolo però l'ambiente delle giulie è uno dei miei preferiti ed il fatto di essere da solo mi deve far stare tranquillo.
Per la relazione rimando al link: http://www.thetop.it/index.php?page=view_abs&n_abs=15594&visto=yes
Si può trovare anche nel libro di Candolini, gruppo del montasio.
Punti positivi: ambiente fantastico, severo e magnifico (come si può vedere dalle foto); gita sicura anche con grado 4; itinerario poco battuto.
Punti negativi: discesa pressochè inesistente; bosco fittissimo e sciabile solo con almeno 1mt di precipitazioni; nonostante possa sembrare una gita breve lo sviluppo è di gran lunga più importante del dislivello; parecchi su e giù che costringono al ritorno a sgancio degli attrezzi.
Mie considerazioni: sono felice di aver fatto questa uscita, come si può capire dalla foto del mio faccione mi sono fermato all'anticima in quanto le condizioni per una salita proprio non c'erano. La val saisera è fantastica ed impone sempre una reverenza importante anche in uscite abbastanza elementari come questa.
Premesso tutto ciò quest'anno inzio a collezionare un po' troppe uscite da masochisti. Indubbiamente le scarse condizioni di innevamento hanno inciso molto sull'itinerario. Però il fatto che si svolga per il 90% all'interno del bosco è un elemento da considerare. La prima parte fino al rifugio Grego è un bosco anche abbastanza aperto ma l'ho trovato con 2cm di neve sufficienti solo per montare le pelli in salita (in discesa la tavola è finita sulla schiena).
L'altro bosco fino al bivacco degli alpini a quota 1890mt è fittissimo e la salita si svolge lungo il sentiero estivo che diventa presto un binario largo poco più di 40cm. Certo se ci fosse 1mt di neve si potrebbe scendere lungo il rio che porta dalla cresta finale fino alla casera Somdopgna, ma considerate le condizioni attuali da scordarselo. Quindi anche per questa parte in salita, seppur con qualche inconveniente sui gradini più evidenti, cmq si riesce a salire. In discesa per più di metà sentiero ho tenuto la tavola ai piedi ma specifico che pur andando piano bisogna controllare bene l'attrezzo, non c'è possibilità di intraversare la tavola per frenare e quindi vanno utilizzati solo i bordi spesso scoscesi e pieni di pietre e radici. Il rischio dovuto ad un cattivo controllo è volare giù per ripidi pendio in mezzo ad alberi, rovi e senza neve.
Una volta usciti dal bosco l'amara sorpresa: in alto di neve non c'è n'è, il vento ha spazzato tutto. E diciamoci la verità anche se ce ne fosse stata non mi sembra poi una gran sciata. Con più neve di sicuro si potrebbe scendere nel canalino proprio sotto alla cima ma ciò poi costringerebbe ad una diagonale tirata per riguadagnare la cresta vicino al bivacco, e non oso pensare cosa succederebbe su quei pendi con parecchia neve se tagliati in maniera così netta. Un canale carino è quello che dall'anticima porta direttamente al bivacco (circa 150mt) e direi che è finita qua. Poi appunto il bosco fino alla sella sodopgna, poi togli tutto risali al grego e poi discesa nel bosco fino alla macchina (che ho fatto a piedi).
Direi che alla fine sono contento di averla fatta, ma quasi di sicuro non la rifarò.
Sperando che qualche fiocco venga anche dalle nostre parti, la prossima volta proverò sella nabois, forse lì una sciatina ancora si riuscirà a fare.
saluti, nicola
altra foto di repertorio, ma almeno questa volta l'uscita è più recente.
tra l'altro trattasi di sella billapec e non della ursic, ma ahimè tocca accontentarsi.
Preso dalla disperazione e prima che i pranzi e cene natalizie e capodannesche mi sequestrassero mi decido di andare a cercare neve a Sella Nevea. Questa volta sono solo, e così scelgo un itinerario sul sicuro ma che dovrebbe dare grande soddisfazione.
Salire da sella nevea, arrivare in sella ursic, scavallare e poi risalire sella billapec e raggiungere il rifugio Giberti. Il tutto da fare con calma e con il nuovo attrezzo (splitboard).
Parto presto da casa e alle 8.30 sono pronto sulla neve e risalgo la pista. Senza troppe voltate la splitboard è eccezionale e mi bevo i 700mt di dislivello per arrivare al Giberti in un'ora e un quarto (mai successo).
La salita è già tracciata e così seguo chi precede (tutte tutine con due stuzzicadenti ai piedi).
Arrivo al primo canalino ed è già ravanato, la neve è inconsistente, cioè è solo riportata quindi ce ne poca e dove ha fatto gli accumuli anche se c'è un metro non tiene nulla.
Stacco tutto e risalgo a piedi, inoltre perchè sono mona invece di aggangiare la split allo zaino la porta in spalla tanto sono solo 80mt (che scemo che sono...).
Esco dal canalino schifezza misto inferno ed ho già sudato 7 camice, però mi dico che il peggio è passato ed adesso c'è solo da divertirsi. Appunto.
Il tempo cambia e quel poco di sole scompare ed inizia il vento, la conca versa sella Ursic è già macinatina ma tanto che importa devo scendere sull'altro versante...
Arriva il secondo canalino (100mt un po' pendenti e tutti di neve riportata ed accumulata), le tutine hanno tracciato proprio lì, io sarei salito da un'altra parte avrei raggiunto una selletta allungato lo sviluppo ma poi proceduto tutto in crestina senza mille svolte. Ma mi dò del mona e mi dico "ma questi fanno gare vuoi saperne più di loro??". E così li seguo, ad ogni voltata li invidio: questi sembrano cavallette io un elefante. Uno di loro si spacca persino uno scarpone e così fiero gli dico: "se vuoi guardo cos'ho nello zaino?", lui mi fa segno che non serve, passa avanti e poi dopo 50 mt si ferma e mi aspetta. Mi tolgo lo zaino e parte l'inventario (ramponi, picca, piumino, rampant, felpina, thè, biscotti, casco, pala, sonda e sacchetto porta tutto compreso dello spago), lui mi guarda come si guarda un marziano... però il mio spago lo prende e lo usa. Mi saluta e scompare all'orizzonte in circa 10 secondi.
Io inizio a smaddonare veramente, la neve non tiene nulla ad ogni inversione perdo 3 mt, così decido di togliere nuovamente la tavola e salire a piedi. Peggio di prima, la pendenza è maggiore e c'è più neve, sono dentro fino alla vita e mi ostino a portare la tavola in mano (mona tre volte). Finalmente su un pezzo di ghiaccio i miei scarponi fanno presa e mi isso all'uscita del canalino, bene ora mi rimane una piana schifosissima prima della sella.
Bhè poveretta la piana è anche bella, ma considerando che ora il vento tira forte, io sono sfinito per aver camminato nella neve per mezza giornata e quindi dovrò scendere per dove sono salito.
Arrivo in sella e l'ambiente è sempre magnifico, mi riprometto che ci tornerò e finirò il giro. In quel versante si arriva sotto il Canin e la discesa sembra molto divertente.
Riguardo l'itinerario di salita, bene! Anche quel pò di luce che c'era è stata coperta dalle nuvole così non si vede proprio più nulla di gobbette, accumuli&affini. Infatti nella piana arrivato ad un passo dal primo canalino mi incarto e ravano ancora un po' che mi mancava.
Sul canale sono spazientito e mi lancio per aggredirlo, per fortuna gli sciatori sono tutti scesi a destra e così vado a sinistra in mezzo ad alcune roccette cercando un po' di pendenza, vedo un saltino, arrivo sul dente e sotto c'è una tutina che sta salendo... va bhè non è giornata, curvo e riprendo la discesa ed il pezzo bello è già finito. Conca smacerata e canale finale ormai in stati a dir poco pietosi, riprendo la diagonale verso il Giberti ed ovviamente è troppo poco pendente per arrivare fino alla fine e così mi trovo nuovamente a camminare sulle uova sprofondando fino alla vita.
Arrivo al Giberti contento come una Pasqua, mangio pasta e fagioli, e considerando la fortuna e la pista chiusa fino al parcheggio mi evito di essere l'unico a beccarsi una multa oggi. Prendo la cabinovia per scoprire che l'arrivo è due tornanti più sotto rispetto a dove ho parcheggiato la macchina.
Chissà perchè non riesco mica ad essere incazzato, metto via la roba e mi ripeto "in fondo sono stato in montagna".
saluti
nicola
avverto prima... trattasi di foto di repertorio
...e pure del periodo preautunnale.
e perchè direte voi?
Immagino già i vostri pensieri: "sei andato da PN fino al passo fedaia, ti sei alzato alle 5.55 AM, ti sei fatto due ore e mezza di strada, 1250mt di dislivello in salita e non hai nemmeno fatto una foto?? neanche con il cellulare???"
ebbene sì avete ragione, non ci sono spiegazioni logiche se non quella di spiegarvi un mio grandissimo difetto: mi piace talmente quell'effetto che si crea di simbiosi con l'ambiente quando vado in montagna, tanto che l'idea di fare una foto (e tornare nel mondo della pianura razionale) incute in me la paura che l'incantesimo si spezzi.
Guarda le foto di questa relazione nell'album forca de la val
FORCA DE LA VAL - 9 aprile 2011
forca de la val
Partenza ore 5.30 da Pordenone, siamo in due (io e massimiliano).
Era da un po' che volevo fare questa uscita e così nonostante alcuni dubbi sull'innevamento ho accettato con piacere la proposta. Inoltre un amico finanziere di massimiliano lo aveva assicurato che la neve c'era anche a quota bassa. Io ho qualche dubbio infatti provo in viaggio a proporgli la "lavinal de l'orso" con esposizione a nord, ma le altissime temperature ci fanno propendere per un itinerario più sicuro a sud.
Superati gli impianti di sella nevea si parcheggia a fianco della caserma della guardia di finanza ai piedi di un pista con impianti ormai in disuso.
L'itinerario classico prevede la risalita della pista ed il ricongiungimento più in sù con la strada bianca che collega le malghe dell'altopiano tagliando qua e là lungo il sentiero 625 ben segnalato. Noi per non farci mancare nulla non tagliamo e saliamo la strada bianca fin dal parcheggio, i miei improperi al buon massimiliano (che stà testando del materiale super leggero), ci faranno scegliere un po' più in là di riprendere il sentiero.
Arrivati alla malga Cregnedul si prosegue sempre in direzione nord, qui ormai la vista è molto aperta nonostante ci siano ancora alberi, e bisogna andare verso la conca centrale.
A quota 1.600mt incontriamo la neve, calzo le ciaspe e via. Appena entrati nella conca a sinistra si vede evidente la forca riomoz (sul nome ho qualche dubbio) molto bella ed invitante.
forca riomoz a sx, forca de la val a dx
Dalla conca si risale andando un po' a destra e poi superato il primo lungo pendio si devia verso sinistra portandosi sulla verticale rispetto alla forcella.
Successivamente si risale a vista fino ad un grande masso, circa a 50mt dalla forcella.
Abbiamo provato a risalire ancora un po' ma ad una trentina di metri c'era un accumulo che non aveva ancora scaricato e viste le altissime temperature abbiamo fatto dietro front, allacciato io la tavola e massimiliano gli sci.
Ahimè la discesa è durata 700mt su di un firn bellissimo, forse per gli sci quasi al limite del galleggiamento.
Subito sotto la forcella la pendenza è sostenuta (45°) ma il pendio è molto aperto e poi diventa subito un po' più dolce, anche se fino alla conca la pendenza è comunque interessante.
Il bosco non sò dirvi se è sciabile o meno in quanto non c'era neve, a vederlo è abbastanza fitto e quindi in caso di innevamento credo sia consigliabile seguire la strada bianca.
La giornata è stata caldissima e questo ha influito anche sulla nostra velocità in salita, nonostante sulla carta il dislivello sembri abbordabilissimo (1.150mt), lo sviluppo è duretto e la gita non credo sia proprio alla portata di tutti (snoboarder parlando). Oltretutto con il caldo estivo ci si cuoce dalle prime luci dell'alba fino al ritorno quindi per la prossima volta mi ricorderò di portare un bel po' di acqua in più.
Anche se la neve inziava da molto in alto l'uscita è stata magnifica. L'ambiente è severissimo ed incute rispetto reverenziale, nonostante il sole aiuti l'umure, queste montagne sono al tempo stesso affascinanti ma tenebrose. Non appena si emerge dalla quota bosco tutto appare verticale e stretto.
A parere mio le giulie la danno "a bere" anche alle più vanesie dolomiti.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album tremol
monte Tremol (2.000 mt circa), sabato 26/03/2011
Sento Massimiliano e gli propongo la Palantina, lui mi dice che a mezzogiorno dev'essere a casa e non c'è tempo per fare il giro da Tambre così mi propone il Tremol. Va bhè mi dico non l'ho mai fatto ed una giornatina tranquilla mi va più che bene.
Alle 8.30 siamo pronti nel piazzale di Piancavallo ed iniziamo a risalire la pista, la cosa non mi fa impazzire, però tutto sommato l'alternativa era la poltrona di casa e così mi adatto di buon grado.
Massimiliano dice di muoverci per uscire velocemente dalla pista prima che quelli degli impianti vengano a prenderci. Scoprirò poi che sabato è stato il penultimo giorno e con domenica hanno chiuso la stagione, infatti l'aria che si respira è un po' quella dello svacco generale.
Ci sono giusto gli sciatori più accaniti che sfruttano la neve della prima ora e che mentre salgono dalla seggiovia commentano in modo più o meno sguaiato (ma non maleducato questa volta).
Comunqe saliamo sù diretti fino all'arrivo dell'impianto, lì giriamo a destra e prendiamo un ampio canale. Lo risaliamo e verso la fine andiamo destra per risalirne un altro che porta al ripetitore. Da qui si è sul filo di cresta che si segue fino alla cima (pezzo bellissimo).
Massimiliano con la scusa di levarsi in fretta dalla pista tiene un ritmo altissimo e così persino nella giornata tranquilla mi tocca faticare. La giornata è splendida, cielo limpido e un sole cocente. Avrò sudato almeno 7 litri e un po' rimpiango la serata precendente e quelle buone birrette con gli amici.
Sulla cresta incontriamo il corso del soccorso alpino, una ventina di ragazzi più o meno giovani sotto la guida dell'istruttore stanno facendo un po' di movimento in quota, li ammiro e li ringrazio. In fondo potrebbero farsi delle uscite in santa pace ed invece si stanno dedicando ad impare come in futuro levare dai guai il prossimo.
Dopo un'oretta e mezza siamo in cima ed inizia la discesa.
La prima parte è meravigliosa, si scia su firn, e la pendenza si fà sentire. Il pendio comunque è ampio e permette poche ma ampie e veloci curve, dopo 200mt andiamo verso destra e ci ricolleghiamo ai canali di salita.
Arrivati in pista saltino all'Arneri, 2 radler, un po' di chiacchiere e rubacchiamo la discesa in pista su neve ormai papposa (ma che cmq non disdegno).
Ero dubbioso se mettere questa giornata sul blog, ma in fondo anche il Tremol è una montagna ed oltretutto la vista dalla cima è stata assai appagante quindi merita una piccola relazione pure lei.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album resettum
RESETTUM, 12 marzo 2011
Sabato 12 marzo 2011, dopo una lunga assenza dalle montagne causa intenso lavoro, riesco ad organizzarmi all'ultimo minuto con un amico del soccorso alpino: Massimiliano.
Al telefono mi propone il Resettum... accidenti, mi dico, era una delle mie mete ma per riprendere avrei preferito una gitarella un po' meno faticosa...
Sono pur sempre 1.400mt di dislivello e con uno sviluppo bello lungo (solo alla casera son 6km). Cmq non ci vuole poi tanto a convincermi, gli dico di sì e penso "se salendo scoppio mi fermerò".
Fino a casera Pradut c'ero andato in una lontana estate, il resto del tragitto mi è sconosciuto, giusto le solite cartine e qualche sparuta relazione mi aiutano e non di molto.
Partiamo alle 9.00 dal parcheggio all'inizio della forestale, quota 640 mt, non fa freddo, non c'è vento, la stradina è tutta innevata (anche se i primi 100mt sono ghiaccio vivo).
Lascio in macchina tutto quello che posso. Nello zaino solo: giacca, felpina, maschera, guanti, pala, sonda, 3 pacchetti di biscotti, 1/2 litro di thè, sacchetta mcgiver, casco, tavola e ciaspe (fino alla casera per fortuna non servirà metterle).
Sono felice ma penso che stavolta finisco con la lingua a penzoloni di fuori.
Si parte, l'itinerario segue la forestale senza tagli in mezzo al bosco, questo perchè non siamo certi dell'innevamento e Massimiliano (sciatore) non vuole rischiare il metti/togli continuo dei suoi attrezzi.
La strada è lunga e inesorabile con pendenza costante, va sempre seguita e ai pochi bivi andare verso la casera pradut (numerosi i cartelli con indicazioni).
Il tempo non è il massimo e a naso in cima non ci vedremo granchè, la neve è assai umida, direi pure fradicia, anche se ce n'è parecchia.
Dopo un'ora e mezza siamo in Casera, complimenti al gestore perchè presente anche in inverno. Pausa lunga e proseguiamo sempre verso nord seguendo la forestale, dopo un tratto pianeggiante deviare a sinistra verso il bosco (quel giorno ben tracciato).
Si tiene la cima del pradut alla sinistra e si punta verso un'ampia forcella visibile solo dopo un po'. Arrivati alla forcella ci teniamo a destra e finito il bosco scegliamo un canale che poco distante dalle crode della cima porta direttamente sulla cresta. Da fare attenzione alle forre negli ultimi 300mt di salita, molto insidiose sopratutto con scarsa visibilità.
La neve è pesante e l'ultima parte sembra non finire mai, anche se tutto sommato, arrivato in cima scopro di avere ancora un po' di energia rimasta.
Le nuvole inziano ad avvolgerci e quindi bando alle ciance e ci buttiamo giù.
I primi 300mt sono proprio belli anche se li pensavo più pendenti, arrivati in forcella la discesa nel bosco è bella tecnica, sopratutto con questa neve in cui per girare fai una fatica improba. Siamo di ritorno in Pradut dove un radler è d'obbligo (consiglio quindi di portarsi via qualche euro).
Riprendiamo la discesa deviando a sud dalla casera e lasciando la forestale alla nostra destra. dopo un primo tratto aperto siamo nel bosco ed una stradina semi pianeggiante con una neve collosa rende particolarmente lento il ricongiungimento con la forestale.
Da lì al parcheggio è una discesa semplice dove gli unici pericoli sono i sassi affioranti verso il fondo, le lastre di ghiaccio e le persone che risalgono.
Impressioni: la giornata è stata bella, divertente e piacevole. Ammetto (probabilmente attirando le ire dei blogger) che da quest'uscita mi aspettavo un po' di più. In fondo si scia molto nel bosco e nella forestale. Mentre la parte finale, secondo me la più bella, è troppo breve per giustificare uno sforzo così prolungato (almeno per me). Di sicuro la cresta finale merita di essere percorsa in lungo ed in largo, ma almeno per quello che mi riguarda, quando ci arrivi con la tavola sulla schiena non ti vien proprio voglia di spostarti parecchio.
Discorso diverso se devo giudicarla con il cuore, anche se non abito a Claut, la ritengo una montagna di casa mia e quindi non si può che volerle bene e consigliarla a tutti o quasi.
Per gli snowboarder valgono i soliti discorsi per le uscite dai 1.000mt di dislivello in sù, avventuratevi in queste uscite se siete amanti della fatica altrimenti difficilmente arriverete in fondo.
saluti
nicola
Guarda le foto di questa relazione nell'album forcella colfreddo
Era da un po' di tempo che continuavo a guardare la relazione di quest'uscita ed oggi finalmente si è presentata l'oppurtunità.
Un grazie speciale a due persone per la riuscita della giornata: a mia moglie che pazientemente accetta che non tutto si possa fare insieme, a Samuele (il mio amico neo guida alpina -ve lo consiglio per eventuali escursioni-) perchè ci si intende sempre.
Veniamo al tragitto:
Macchina, Cortina poi oltre verso Dobbiaco a 150mt dal passo Cimabanche si parcheggia sulla sx accanto ad una casa gialla (naturalmente non l'ho riconosciuta così sono arrivato al passo e sono tornato indietro).
Da lì (quota 1512m) attacca subito un sentiero semplice, largo, tracciato ed infinito che si dirige prima a nord e poi a ovest fino a sotto la Creta d'Ancona.
A quota 1980m sulla dx c'è il primo grande spiazzo sgombro da alberi, lì andate verso nord entrando nel circo delle cime intorno alla Croda Rossa (che per ora non si vede).
Si sale per un pò, poi una piccola buca e davanti a voi c'è un grosso sassone, bisogna arrivare sulla destra di questo grossa formazione rocciosa a quota 2350m, poi la si aggira e si entra nella conca.
Girando lo sguardo a ovest si nota subito la forcella (l'unica sciabile), vista così uno dice pensavo peggio poi, come tutte, una volta che si inizia a salire non sembra mai finire.
Arrivati in forcella (2721m) si scende nella vallata opposta, nonostante quanto si trovi nelle relazioni, non ho poi trovato questa parte così impossibile (il primo canale). Il canale ha una buona pendenza ma è abbastanza largo e non lunghissimo.
Finito il canale la vallata si apre e dopo aver spaziato dove si vuole bisogna dirigersi al centro di essa verso un gruppo di alberi radi. Da qui cercando di perdere quota scegliere la miglior traccia possibile, occhio perchè qui qualche pericolo c'è. I tratti sono abbastanza scoscesi e a sinistra trovate un discreto dirupo.
Dopo 150mt si arriva in un divertente "toboga" nel letto del torrente ghiacciato ed innevato, da lì poi ho proseguito dritto fino al passo per poi rientrare alla macchina con una breve camminata (o se siete fortunati come lo sono stato io con un passaggio).
Veniamo alla considerazioni:
Itinerario magnifico per lo sviluppo molto lungo e vario, per la qualità della neve (e solo se siete sciatori) forse poteva valer la pena fare il giro al contrario anche se la salita dal versante est credo sia più difficile. Non fatevi ingannare dal dislivello in questa gita lo sviluppo la fa da padrona.
Consiglio questo percorso solo agli snowborders con molta esperienza e che trovino piacere a faticare parecchio. La parte finale della discesa se non si possiede un ottimo controllo della tavola diventa pericoloso ed un "inferno" che non passa mai. Se al contrario sapete dosare la velocità, curvare anche sullo stretto e vi sono avanzate un po' di gambe allora merita almeno una volta di essere fatto.
Oggi la neve del versante ovest (quello di salita) era nettamente migliore (polvere di 10cm su fondo duro) di quella a est (crostosa, con piccoli accumuli). Comunque abbiamo deciso di continuare ugualmente il giro completo invece di tornare sulla via dell'andata (la malattia dell'esploratore).
Oggi faceva parecchio freddo, per fortuna non c'era molto vento. Il mio gancio dell'attacco viste le condizioni ha deciso di spaccarsi a metà discesa così fiero del mio equipaggiamento ho tirato fuori la borsettina mcgiver (finalmente la uso) ed ho cercato di tamponare con spago e nastro americano (che con il freddo pungente non attaccava nulla). Vi lascio pensare quali siano stati i risultati.
Il paesaggio è mozzafiato e le mie foto striminzite non rendono onore a questo posto magico.
saluti Nicola
sabato 18/12/2010
da cima vacche il cimon di palantina
Sveglia presto, nessun compagno d'avventura, mi preparo e parto.
Durante il viaggio un bel po' di neve per strada, mi fermo a far colazione appena uscito dall'autostrada e penso di essere un po' in ritardo e che troverò un bel po' di macchine in parcheggio.
Arrivo a Col Indes in un'atmosfera irreale: è tutto bianco e non c'è nessuno, ma veramente nessuno. Un brivido mi assale: "ma vuoi vedere che ho visto male il bollettino e invece di pericolo 2 hanno messo 5??". Nel frattempo mi cambio, scarponi, pantaloni, zaino, tavola e ciaspe in mano e penso "va bèh, vado sù per la dorsale e se poi non mi fido della situazione scendo per dove sono salito, lì per forza è sicuro".
Imbocco la stradina asfaltata tutta imbiancata, ci sono giusto le impronte di due copertoni, devio a dx lungo quella sterrata, anche qui tutto ricoperto da dieci centimetri di neve immacolata e le mie sono le prime ed uniche impronte, mai successo e la sensazione è bellissima.
Arrivo all'attacco della lunga dorsale che porterà alla cima, l'anno scorso ero salito per la via più diretta frontale... che scelta assurda avevo fatto, l'itinerario in cresta è magnifico ed anche se ha più sviluppo la vista è sempre apertissima. Si parte dal bosco, cmq molto comodo il sentiero è ben riconoscibile e la pendenza è costante, poi arrivano i maledettissimi mughi che si aggrovigliano alle mie ciaspe con una facilità estrema e poi arrivi alla cresta che si affila sempre più fino alla pala finale abbastanza in piedi ma assolutamente sicura. Quest'ultima parte richiama le creste delle alpi occidentali nonostante qui siamo a un'ora da casa e neanche a 2000m.
La giornata è bellissima, il sole pian piano è venuto fuori, il cielo è terso, il freddo è pungente.
Mentre salgo mi guardo dietro... non c'è nessuno, ma proprio nessuno nemmeno sul Guslon nemmeno sulla Palantina insomma mi sembra di essere l'unico ad essere venuto in Alpago.
Ultimi passi, la nostalgia per aver quasi finito fa a cazzotti con la soddisfazione di essere arrivato in cima, mi copro, preparo la tavola, tolgo le ciaspe, metto il casco e guardo il primo pezzo (ammetto è quello che mi piace di più). Mi viene in mente il bollettino: "grado 2 tranne gli accumuli a nord sopra i 1900mt, da evitare", ci penso un po' sù e poi faccio come dicono loro in fondo hanno sempre ragione.
Finalmente in cresta vedo qualcuno, anzi parecchi, è un bel gruppo che in fila indiana stanno spuntando dal bosco ed inziano la cresta. Oramai sono qui da un po' e così inzio a scendere, prima traccia ed unica ancora per qualche minuto, incrocio il gruppo e scambio due chiacchiere: "fondo durissimo, questi pochi centimetri di polvere non sono sufficienti (tra me e me penso: piuttosto che niente è meglio piuttosto)". Avevo seguito il filo di cresta per i primi dieci metri poi vado giù dritto, bisogna stare un po' in guardia perchè si tende a filare parecchio, la sciata dev'essere tecnica per forza, poi arriva il bosco, un po' di zig zag, un po' di rami sul muso, mi sfracello due dita in una curva perchè prendo un sasso appena nascosto dalla neve e rifaccio completamente nuovo il fondo della mia amata tavola perchè sono stupido ed appena vedo cinque centimetri di neve non ci penso nemmeno a levarla e scendere a piedi.
Arrivo alla macchina giro la tavola e piango, poi guardo la cima ed intravedo un paio delle mie curve, ringrazio le montagne per avermi regalato questa magnifica giornata.
la cresta finale dalla cima
Guarda le foto di questa relazione nell'album cima vacche
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