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Monte Bianco - Via dei Tre Colli - PD

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“Piacere, noi siamo frequentatori della montagna, siamo sempre stati clienti di C….o, quel negozio in centro,  ma ora ci hanno consigliato il tuo negozio, mi interessa una picca e se ci fai bene saremo buoni clienti”

Questo era Renato, alcuni mesi sono, quando ci siamo conosciuti, nel mio negozio, a Roveredo,  gli ho venduto una picca e gli ho detto:

“guarda, noi siamo qua, cerchiamo di fare del nostro meglio, frequentiamo la montagna da sempre perché in montagna ci viviamo anche, ogni tanto diamo anche qualche consiglio a chi ce lo chiede”

A grandi linee queste erano le frasi, Renato è tornato diverse volte in negozio, assieme alla moglie, in una di queste  mi accennava al fatto che lo scorso anno, avelle voluto andare sul Bianco con un gruppo di amici, tra cui Angelo, un ragazzo di Claut. Alla fine non è andato non so più per quale imprevisto,  io rispondevo: ”Beh, organizziamo e andiamo quest’ anno”, avevo notato però, che la cosa lo aveva lasciato abbastanza indifferente…..mi sbagliavo.

La volta successiva mi dice:

“Ma……quando parlavi di andare sul MOnte Bianco…….dicevi sul serio o era una battuta?”

“No, no, non era una battuta, se vuoi ci organizziamo e andiamo a farlo, però mi piacerebbe salire per la Via dei Tre Colli, sul versante francese, dal Rifugio Des Cosmiques".

Questa era la mia risposta, la cosa è nata così, da una battuta buttata  là, allargando l’ invito a qualche amico, nel giro di pochi giorni, eravamo circa una quindicina, che poi, in realtà, per motivi diversi siamo rimasti in sei.

Ci troviamo tutti insieme e decidiamo la strategia giusta, allenamento, attrezzatura, uscite di preparazione, quasi come quelli veri, è così che ci ritroviamo in Marmolada, qualche giorno prima della partenza. Partiti dalla Diga, siamo saliti fino al Rifugio Pian dei Fiaconi, strapieno, pausa con caffè e strudel e ripartenza per la cima. Il tempo era brutto, nevicava, nuvole basse e tantissima gente in cordata, comunque decidiamo di proseguire, formiamo le cordate e si va, nonostante l’ affollamento, il passo è buono e in breve arriviamo all’ attacco della ferrata………….mah!!! sto divagando, dovevo scrivere del Bianco non della Marmolada, quella l’ ho già relazionata, anzi no, non ho scritto niente, allora facciamo così, intanto scrivo del Bianco, più avanti scriverò della Marmolada, Ok?

Arriva il giorno della partenza, io, Fulvio e Daniele partiamo da Claut per Longarone, Renato, Italo e Flavio partono da Pordenone, ci troviamo tutti al casello di Treviso, noi arriviamo in leggero ritardo, Italo è stralunato dall’ aver visto un tipo o una tipa, non ho capito bene, comunque la visione l’ ha fortemente turbato.

Caffè e brioss e si va, il viaggio è sempre il solito, A4 per Milano e poi si punta al traforo del Monte Bianco, questa volta lo oltrepassiamo con destinazione Chamonix, qui facciamo i biglietti e saliamo in funivia all’ Aiguille du Midi, lo sbalzo è notevole, si passa dai ai    Già alla stazione intermedia, Plan d’Aiguille, lo sguardo volge verso l’ alto, l’ ambiente è molto diverso dalle nostre Dolomiti, salendo, le funi metalliche della funivia, sembra finiscano direttamente dentro la roccia, non è molto lontano dal vero, la stazione di arrivo dell’ Aiguille du Midi è una vera e propria fortezza arroccata su uno spuntone di roccia, un lavoro immenso che risale a molto tempo fa. Scesi dalla funivia ci sono diverse opzioni, il ristorante, la terrazza panoramica e il ghiacciaio, io e Renato, con in comune la passione della fotografia facciamo un salto sulla terrazza per due scatti, nel frattempo gli altri si preparano, ci avviamo verso la grotta di ghiaccio, il passaggio obbligato per scendere nel ghiacciaio. La Grotta di Ghiaccio è un vero e proprio tunnel scavato nel ghiaccio e nella roccia, passaggio obbligato per entrare e scendere nel ghiacciaio del Monte Bianco, all’ uscita, lo stupore di chi lo percorre per la prima volta, è notevole, un misto di sguardi che si perdono all’ infinito e concreta preoccupazione per la cresta affilata che li attende.

Ci prepariamo con imbraghi, corde, moschettoni e tutto ciò che serve per la salita, zaini in spalla, picca in mano e si va, la cresta che scende nel ghiacciaio è corta ma molto affilata ed esposta, da fare con attenzione, doveroso dare la precedenza alle numerose cordate che salgono. Arrivati sul ghiacciaio mettiamo via la picca e prendiamo in mani i bastoncini, ci avviciniamo al Rifugio Des  Cosmiques, decidiamo di proseguire sulla traccia della Via Dei Tre Colli per fare una ricognizione, in vista della salita del giorno dopo. Le cordate in discesa sono molte, così come quelle in arrivo dalle varie zone rocciose della zona, alcune goulottes sono in condizioni, noto delle cordate sulla Cherè ed anche sulla Contamine, un piccolo sospiro per non poter, per questa volta, mettere le mani su queste bellissime colate di ghiaccio. Numerosi scalatori sulle pareti sud dell’ Aiguille, diversi sulla Rebuffat, una delle vie più fattibili della zona e di solito prima esperienza di chi si tuffa nel mondo dell’ alta montagna.

Arriviamo con la calma sotto il pendio del Triangle Du Tacul, i compagni optano per andare al rifugio, Fulvio e Daniele scalpitano e decidono di percorrere una piccola cresta che porta direttamente al Cosmiques, arriveranno al rifugio esaltati. Io mi slego e continuo a salire, voglio vedere come sale la traccia, dato che l’ indomani la faremo al buio, solo con l’ ausilio delle frontali. Salgo alcune centinaia di metri, è esattamente il punto dove alcuni anni fa persero la vita 8 alpinisti sotto una valanga scesa dal Tacul, vado il più veloce possibile, comunque la traccia è evidentissima, a tratti in diagonale con alcuni muri verticali.

Torno al rifugio anch’io, moltissimi alpinisti, è pieno, noi siamo gli unici italiani, ci sistemiamo ed arriva ora di cena, solita minestra di verdura (forse), secondo di carne, contorno e dolcetto, il clima è molto rilassato, che guarda le cartine, chi fa foto, chi si informa, ci sono un paio di gruppi numerosi, credo l’ equivalente del nostro Cai, molte Guide con clienti. Osservando bene gli alpinisti, mi rendo conto che c’è un po’ di tutto, probabilmente molte persone inesperte, non so spiegarlo ma a forza di frequentare questi rifugi riesci a capire che va forte e chi è alle prime armi, così solo per gioco eh.. non per denigrare o altro. Comunque quando vedo tante persone in rifugio mi preoccupo per la salita del giorno dopo, siamo quasi tutti diretti in un unico posto, il Bianco e questo mi fa pensare parecchio all’ ingorgo di domani con tutto quello ce ne segue.

Comunque si paga e si va a nanna, qui si paga alla sera, purtroppo alcuni non ritornano per saldare il conto, prenotiamo la colazione per l’ una, si potrebbe anche fare alle tre ma è meglio prendersi avanti. E’ chiaro che io la notte prima della salita non dormo, mi metto in branda ed aspetto che passino le ore, fino a che non suona la sveglia, non riesco proprio mai a prendere sonno, al contrario di alcuni che riescono a dormire e a russare. Ci alziamo, lavata di faccia e denti in un lavandino che misura 14x14 ed un filo d’ acqua ma si sa, siamo a 3.613m, non credo che gli approvvigionamenti siano facili, si scende per la colazione, attesa di mezz’ ora per il nostro turno, riusciamo a fare colazione, ci prepariamo gli zaini, usciamo, ci leghiamo e siamo pronti a partire nel buio con le fedeli frontali.

La marcia è tranquilla, anche perché il primo tratto è in discesa, poi attraversiamo il ghiacciaio, sono un po’ preoccupato perché il vento è molto forte e fa abbastanza freddo, siamo sotto i seracchi del Tacul, cerchiamo di attraversare, qui mettiamo via i bastoncini e prendiamo le picche, a parte Italo che decide che non servono, si comincia  a salire qualche muretto verticale ma che comunque non preoccupa. La salita prosegue sempre cercando di mantenere un ritmo costante e tranquillo, passiamo sotto ad altri seracchi pensili e subito dopo svalichiamo sul Colle del Tacul, una enorme sella pianeggiante da cui si può osservare il tratto ripido che porta sulla sella del Maudit, ultima fatica prima di vedere la cima del Bianco.

Qui siamo circa a 4.100m, la quota si fa sentire, il vento è aumentato e sembra che a tratti voglia proprio gettarci a terra, il freddo è quasi invernale, noi siamo poco vestiti, vediamo dei ripari di neve scavati nel plateau, ci tuffiamo dentro per una pausa e per mettere su i piumini. Vedo molte cordate ferme sul tratto verticale che porta verso il Maudit, qualcuno sta male ed accusa la quota, decido di rientrare per accompagnare F al rifugio, mi dice che scende da solo, di non preoccuparmi ma io insisto e partiamo per la discesa, gli altri decidono di proseguire per la Cima. Ci separiamo e rientrando vedo che seguono il serpentone di alpinisti, sono esattamente nel posto in cui, pochi giorni fa p scesa la valanga che ha  travolto numerosi alpinisti e provocandone la morte di nove.

Il vento sembra aumentare, così come il freddo, noi scendiamo senza complicazioni, numerose cordate salgono, molti sono quelli della colazione delle tre, alcuni arrivano direttamente dalla prima funivia, nel frattempo è anche arrivato il primo sole, arriviamo al rifugio prestissimo, saranno state le otto e mezza, i nostri letti non sono pronti e dobbiamo aspettare fino alle dieci. Al rifugio non c’ è molto da fare, ci sdraiamo, un po’ annoiati su un paio di panche nel locale scarponi, quasi da dormire, c’ è un pensiero che mi ronza in testa, la voglia è quella di rimettere l’ imbrago e ripartire, ci penso, rifletto, poi lascio perdere. Arrivano le dieci e abbiamo altri due letti, saliamo e questa volta la stanchezza ha il sopravvento, un piccolo sonno fino all’ arrivo dei compagni.

Pensavo che fossero arrivati in cima, il vento c’ era ma non tale da precludere la salita, invece mi raccontano dell’ ultimo pendio ghiacciato, molto ripido con tante cordate incasinate, sulla forcella un vento fortissimo e Italo con mezzo corpo ghiacciato, dalla parte che tirava il vento. Anche Daniele conferma il forte vento ed il freddo, poi aggiunge:  “sai, il vento c’ era ma si poteva anche tentare, vedevamo la cima, il problema è quando abbiamo visto le cordate verso la cima, erano tante piccole formichine, guardarle ci ha convinto a tornare giù”

E così hanno fatto, da li si sono calati in doppia e sono tornati lungo la traccia di salita, quel giorno moltissime cordate hanno abbandonato per gli stessi motivi.

Altra cena in rifugio a base di zuppa, carne, contorno e dolcetto, questa volta, individuate per prime da Italo, notiamo sul fondo del piatto della minestra, le lenticchie, erano quelle del contorno del giorno prima, ma è abbastanza normale, comunque si mangia e letto. Questa volta il tempo è peggiorato di brutto, durante tutta la notte tira un vento fortissimo, piove, nevica e forse grandina, non accenna a smettere, io sono preoccupato per il giorno dopo, se c’ è vento la funivia non scende. Il brutto tempo continua, colazione alle sette, paghiamo, questa volta al mattino e la signora del rifugio ci dice che “la teleferique cest  fermè”, la guardo, non rispondo ma probabilmente qualcosa ho imprecato. Fuori continua un vento fortissimo, non piove, mi consulto con gli altri e gli comunico quello che la signora mi ha detto, nessuno dice niente,  mi ricordo che tempo fa era successa la stessa cosa ma una corsa era stata fatta, proprio per gli alpinisti. “Prepariamoci e saliamo in fretta all’ Aiguille” dico ai compagni, così facciamo, dopo circa un’ ora siamo alla Grotta di Ghiaccio, ma il pensiero è sempre quello che se la funivia non parte siamo bloccati qui.  La cresta finale con il vento non è da sottovalutare, le folate ci sbilanciano parecchio,  decidiamo di salire per una traccia più bassa leggermente riparata dal vento, così va meglio, appena mettiamo piede nella galleria arriva una ragazza che ci dice in francese di fare presto che parte la funivia per portare giù gli alpinisti.

I visi si illuminano, in fretta sleghiamo la corda e ci precipitiamo verso la funivia, qui troviamo molti alpinisti arrivati durante la mattinata, alcuni italiani che sono saliti direttamente dal Rifugio Torino, volevano fare il Mont Blanc Du Tacul ma viste le condizioni, hanno rinunciato. In realtà gli operatori attendo, giustamente, altre due cordate di alpinisti, poi dopo un’ ulteriore attesa, forse per il momento giusto in calma di vento, si scende, notiamo che al centro della cabina è stato montato un cubo quadrato, probabilmente pieno di peso per evitare l’ oscillamento della funivia. Mentre si scende, è inevitabile ripercorrere con il pensiero, quanto  fatto nei giorni precedenti, nonostante non siamo arrivati in vetta, sono stati due bellissimi giorni, in allegria, con compagni molto piacevoli, in estrema amicizia, non c’ era l’ ansia della prestazione da dover affrontare, non c’ era il nervosismo che di solito accompagna  certe salite, ci siamo proprio divertiti.

In funivia ho conosciuto un simpatico argentino che vive in Spagna e fa la Guida di Arrampicata, si stava divertendo sul granito del Capucin, anche lui costretto ad una ritirata con pioggia, tipo molto simpatico e mediterraneo.

Giunti a Chamonix, per una volta con tutta la giornata davanti, ci divertiamo passeggiando in centro, una pizza in centro ed infine, come sempre il rientro, tornare a casa dalle Occidentali è sempre faticoso, ci lasci sempre una parte di cuore, vorresti fermarti, vorresti continuare a godere di quello che ti circonda, però non è possibile, almeno per noi orientali e allora si mette in moto un’ altra volta, la direzione continua ad essere la stessa, Milano, Venezia, Claut, sempre con la voglia soffocata di tornare presto.

Renzo



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