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lug 19

Tour Ronde Parete Nord - D - 350m - Gruppo del Monte Bianco

nicos Inviato da: nicos il 19 lug, 2012 in Relazioni - Alta montagna Print PDF
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alt Guarda le foto di questa relazione nell'album Parete Nord della Tour Ronde - 350 m - D

 

 

 

 

 

 

E’ appena trascorsa una stagione invernale particolare, pochissima neve, tanto freddo per un breve periodo e ghiaccio non entusiasmante, allora per non restare proprio a bocca asciutta decido che si potrebbe fare qualcosa sul Bianco.

 Chiamo Daniele che subito acconsente, però abbiamo un limite, lui al sabato mattina lavora per cui dobbiamo andare a Courmayeur solo al pomeriggio. Ad essere sinceri dovevamo fare una salita il sabato ed una la domenica ma va bene lo stesso, sul Monte Bianco, tutto quello che si riesce a fare va bene. Detto fatto, riusciamo a beccare la penultima funivia che sale verso il Rifugio Torino, quello vecchio perché quello nuovo apre solo in estate, sistemiamo le nostre cose e decidiamo di fare un sopralluogo verso l’ attacco della Tour Ronde, giusto per non essere impreparati il giorno seguente. Per andare all’ attacco e per la discesa abbiamo portato gli sci, per essere più veloci e fare meno fatica, andiamo verso il Cinque Maudit, da dove si ha un’ ottima visione d’ insieme della Nord. Incrociamo una coppia che arriva dal Supercouloir, stanchi, gli chiediamo informazioni sulla salita, ci dicono che l’ attacco diretto è senza ghiaccio e dopo essere volati due volte su friend, sono tornati al rifugio. Inevitabilmente tornano alla mente i ricordi, dato che l’ abbiamo salito da poco, noi abbiamo trovato la sezione iniziale ricoperta da ghiaccio instabile, così abbiamo salito lo zoccolo di granito sulla destra, lo Sperone Gervasutti.

 

Ci salutiamo e continuiamo l’ avvicinamento alla Nord, c’ è una bella traccia, significa che non siamo i primi, bene, diamo un occhio alla salita rendendoci conto che la parete è quasi completamente grigia. Il grigio in questione si chiama anche ghiaccio, significa che c’è poca neve per cui la progressione sarà più lenta, comunque la giornata successiva si preannuncia serena e senza nuvole, abbiamo tutto il tempo per goderci la salita.

Torniamo al Torino alla luce delle frontali, ridiscendiamo una scala di ferro infinita, mi pare che sono 120 scalini o giù di lì, non l’ ho detto ma è la stessa che abbiamo fatto in salita, cenetta al rifugio, in compagnia di diversi alpinisti. Qui conosciamo 2 ragazzi tirolesi, uno parla tanto, in italiano, uno non parla per niente, in tedesco, anche loro hanno fatto il Supercouloir, superando il tratto iniziale senza problemi. Il giorno prima hanno salito la Nord della Tour Ronde, a sentirli raccontare sembrano forti, pochi chiodi, veloci, conserva, forse sono proprio forti, chissà, Daniele ha dei dubbi.

Dopo la serata, si dorme, o meglio, non si dorme, dato che un allegro alpinista, un po’ avanti con gli anni, ci ha rallegrato la notte con un concerto in do maggiore che arrivava direttamente dal profondo dei suoi polmoni.

Non mi ricordo a che ora abbiamo fatto la colazione, comunque era presto, si parte, di nuovo la scala maledetta, questa volta, alla fine della scala, troviamo una sorpresa, decine di alpinisti accampati in qualche maniera, chi sotto lo zaino, chi avvolto nella coperta termica, chi nel nylon, sono arrivati durante la notte e, pensando che il rifugio fosse chiuso, sono rimasti a dormire per terra. Dopo avergli comunicato la bella notizia, sono partiti penso, per una buona colazione o forse per una branda, sono tutti stranieri.

Una delle cose che più mi affascina del Bianco è che qui ti trovi a contatto con persone di tutto il mondo, ognuno con le proprie convinzioni e certezze, ognuno alla ricerca di qualcosa, tutti diversi uno dall’ altro, inevitabilmente guardi, osservi, confronti, ti affascini e ti rendi conto di quanto siamo piccoli, non volevo scriverlo ma lo scrivo….noi italiani.

Scavalchiamo una ringhiera che strapiomba direttamente su Courmayeur e ci ritroviamo  sul ghiacciaio, alla luce delle frontali, in lontananza un leggero riverbero delle luci della civiltà che riflettono sulla neve ghiacciata. Ogni volta si parte presto, di notte, con il buio, ogni volta ti chiedi chi te lo ha fatto fare, poche parole, si prepara la corda, l’ imbrago, il tintinnio dei moschettoni è quasi fastidioso, ti ricorda che sarà lunga, faticosa. Si va, solo la luce della frontale, anzi di tante frontali, poi ognuna di questa prenderà la propria strada, ogni cordata cercherà la propria via, se fai quella facile sarai in compagnia ma più il grado aumenta, più sei solo, con il tuo compagno. Si, si parla poco, si cammina, la neve sotto i ramponi fa uno strano rumore, l’ attacco si avvicina, la luce dell’ alba ti ricorda qual’ è la tua méta, ora il motivo per cui sei qui, ti è un po’ più chiaro.

 

Siamo all’ attacco della Nord della Tour Ronde, prepariamo l’ attrezzatura, prendo in mano le picche da piolet, Daniele mi mette in secchiello, parto, alcuni metri nella neve e sono alla Terminale. Neve dura ma inconsistente in cui le picche non servono a niente ma che mi costringe ad un gioco di incastro di braccia e gambe, la supero, faccio un paio di metri e mi ritrovo sotto la prima parte di parete, ghiaccio grigio, quasi niente neve, il che mi fa pensare che tutta la salita sarà a tiri e niente conserva ma sbaglio. Pianto un chiodo da ghiaccio, intanto la cordata che ci precede prende quota, sono in tre, una Guida e due clienti, mi pare toscani, per queste salite non esiste a priori una scelta del tipo di progressione da adottare o per quanto tempo la progressione adottata, sarà efficace, ma bisogna scegliere a mano a mano che si avanza. Spesso le Pareti Nord sono ricoperte da uno strato di neve compatta, il che aiuta molto la salita, in questi casi si usa la conserva o addirittura slegati, i ramponi affondano negli scalini di neve formati dalle varie cordate e la progressione risulta agevole e veloce. A volte, invece, a seconda della stagione, le pareti sono interamente ghiacciate, bisogna avanzare facendo tiri di corda, con sicura recupero e chiodi, il che risulta molto più affaticante e la progressione più lenta.

Il ghiaccio è compatto ma abbastanza lavorato, parto, progressione con le punte dei ramponi e le picche appoggiate nel ghiaccio, non piantate ogni volta per risparmiare energie, pianto alcuni chiodi, arrivo a sessanta metri e le corde finiscono, decido di proseguire in conserva e dico a Daniele di partire, supera la Terminale ed avanziamo insieme in questo bellissimo muro di ghiaccio circondato da rocce granitiche.

Questa progressione si chiama Conserva Lunga, tutti e due i componenti della cordata avanzano, il primo mette giù le protezioni, il secondo recupera, fino a che si decide di fare una sosta e recuperare il materiale. Il rischio su una Nord è che il secondo scivoli, tirando giù anche il primo, esiste un accorgimento, che abbiamo adottato, piazzare su alcuni chiodi, dei rinvii dotati di Tibloc Petzl, in caso di scivolata del secondo, la corda si blocca.

Finisco i chiodi, faccio sosta e recupero Daniele, tutto va bene, la giornata è stupenda, cominciamo a scambiarci alcune considerazioni, sul tipo di ghiaccio, la roccia, il tempo, la cordata che precede, praticamente siamo due comari appese ad un pezzo di ghiaccio.

Parte Daniele, altra progressione veloce, la parete si divide in due parti, la prima, quella in basso, salita in conserva, una Goulotte centrale verticale con un tiro di corda e la parte superiore ancora in conserva, in totale 350 m di parete.

La Goulotte centrale è abbastanza verticale ma anche lavorata dai passaggi delle cordate, risulta divertente, a parte qualche pezzo di ghiaccio regalato dagli alpinisti che precedono, sotto i nostri piedi la Vallée Blanche in tutta la sua bellezza ed eleganza, lunga e sinuosa, attraversata da seracchi in parte ancora ricoperti dalla neve, il Gruppo di Rochefort ed il Dente del Gigante ci salutano, la giornata è proprio magnifica.

Arriviamo alla parte superiore della parete, saliamo ancora di conserva e facciamo sosta presso le rocce solo quando siamo senza materiale, si intravede una cresta, è percorsa dalla cordata che ci precede, siamo quasi fuori. In realtà ne abbiamo anche una che segue e che mi ha fatto riflettere, dopo aver visto sopraggiungere due corde, attaccate al primo di cordata, che scorrevano tranquillamente fino al secondo, senza impedimento alcuno, tradotto, sessanta metri di progressione senza neanche aver piantato un chiodo, mah..

Proseguiamo pochi metri e siamo su una cresta che divide la parete da alcuni strapiombi verso Nord, attraverso tutta la cresta con un po’ di attenzione a dove metto i piedi, su alcune rocce recupero Daniele, da li ci caliamo alcuni metri e ci ritroviamo su un ballatoio molto grande, siamo fuori, nei pressi della Normale. Ci concediamo una pausa, nel frattempo arrivano gli altri due alpinisti, recuperiamo le corde, attraversiamo un pendio di neve raggiungiamo la traccia della Normale, saliamo fino a raggiungere alcuni terrazzamenti di granito, pochi metri di facile arrampicata e siamo in vetta, vicino ad una Madonnina.

Essere in Vetta alla Tour Ronde, è comunque gratificante ma il bello non è questo, girando lo sguardo verso Nord, ti accorgi di cosa significa Monte Bianco, sei di fronte all’ immensità di tutta la parete Sud, ed alle innumerevoli vie di roccia, ghiaccio e misto che hanno fatto la storia dell’ alpinismo. La bellezza di questo posto non ha paragoni, resti affascinato e basta, scruti ogni singolo sperone, ogni seracco pensile e pensi al giorno in cui, dopo una giornata passata con chiodi, picchi, corde e fatiche, giungerai, con il tuo compagno, sulla cima del Monte Bianco e, un attimo prima di uscire in vetta, ti girerai a salutare la Madonnina della Tour Ronde, ringraziandola di averti aiutato a salire una via sulla Sud del Monte Bianco.

E’ tempo di scendere, prendiamo la traccia della Normale, arrivati ad una forcella, incontriamo alcuni Freeriders con Guida che si apprestano a fiondarsi lungo un canale ripido, bene a saperlo se mai dovessimo trovarci, un giorno qui e senza niente da fare. Seguiamo le tracce, una Normale dicevamo e ad ogni passo attendevamo di vedere finite le difficoltà, niente, scendere si rivela un misto di acrobazia e sangue freddo condito ad un pugno di incoscienza, praticamente il pericolo della Nord della Tour Ronde è questo, la discesa per la Normale.

Continuiamo a seguire delle tracce, sempre con i ramponi ai piedi, la discesa è abbastanza infida, esposta, in cui è vietato cadere, comunque arriviamo in fondo, pochi minuti e raggiungiamo gli sci, contenti di averli ritrovati senza neanche essere congelati (gli scarponi).

 

Qui si dovrebbe decidere se salire a Punta Helbronner a prendere la funivia per Courmayeur o scendere la Vallée Blanche con gli sci, secondo voi cosa abbiamo scelto????

Bravi, giù a capofitto verso Chamonix, le prime curve sono eccezionali, neve molto bella, farinosa e divertente, purtroppo gli zaini pesano, abbiamo tutta l’ attrezzatura da ghiaccio, scarponi compresi.

Non importa, il tutto è troppo bello, si scende sempre più, mano a mano la neve diventa trasformata, l’ ambiente cambia, enormi seraccate ci fanno spazio e ci lasciano passare, qui la natura ha fatto il suo corso.

Ora un po’ il discorso cambia, le gambe reggono a stento, ogni curva richiede meditazione e forza di volontà, la neve in molti punti ha lasciato spazio al ghiaccio vivo, ogni dosso richiede cura, arriviamo ad intravedere il Rifugio Requin, scendendo si trova sulla sinistra, un po’ alto, potrebbe servire come pausa ma decidiamo di proseguire.

Arriviamo alla fine del ghiacciaio, giunti qui, in stagione, esiste una piccola ovovia che porta su fino a prendere il trenino di Montenvers, il quale riporta in centro a Chamonix,. In stagione dicevo, ma ora, siamo in stagione???

No che non siamo in stagione, è tutto chiuso, c….o dico io, e adesso?? Ma comunque siamo in compagnia, ci sono decine di sciatori, scialpinisti, alpinisti, tutti a scendere verso valle, mah…, seguiamoli e vediamo cosa succede, magari arriviamo direttamente in centro.

Alla fine della Morena la pendenza aumenta e qui molti tolgono gli sci e scendono in qualche maniera, attraversiamo la valle e cominciamo a salire un sentiero che non annuncia niente di buono, infatti arrivati in cima siamo distrutti. Troviamo  una piccola baita che vende ma noi niente, dobbiamo arrivare a Chamonix e a questo punto calziamo di nuovo gli sci, pensando che la fatica sia finita, non faccio commenti sulla qualità della sciata.

Imbocchiamo una piccola strada forestale, con la neve che a tratti la ricopre a malapena, a volte crea un gigantesco cumulo, penso sia lunga diversi km, dato che è stata una delle cose più faticose che abbia mai fatto, mano a mano che scendiamo, la neve diventa precaria e spesso bisogna togliere gli sci, alla fine sbuchiamo in una pista e finalmente Chamonix appare.

Chiediamo informazioni per tornare a Courmayeur, in stazione è in partenza un pullman per l’ Italia, zeppo di sciatori, prendiamo posto, parte dopo pochi minuti, stanchi, felici ed ancora una volta, ognuno con i propri pensieri, ora il motivo per cui sono qui, mi è proprio chiaro.

 

Renzo

 

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