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30/12/2012 - Parete Nord Mojstrovka - Hanzova pot
giovedì sera mi chiama Massimo (guida inmont) e mi propone una salita invernale lungo una parete nord. l'itinerario è quello della hanzova pot, ferrata estiva, che porta sulla spalla della Mojstrovka.
ovviamente accetto dopo averci ben riflettuto (circa 30 secondi).
l'ambiente è grandioso ed incomincio a pensare che sarebbe anche ora di dimenticare per un attimo le dolomiti per scoprire che ci sono anche altre montagne. dire che una è più bella di un'altra mi sembra una sciocchezza ma di sicuro qui è tutto più selvaggio su questo nessun dubbio. a parte un paio di persona al passo vrkic per il resto siamo soli su questa parete.
la salita sarà molto più difficile tecnicamente di quello che ci si aspettava.
la neve non si è indurita e la scaldata degli ultimi giorni ha solo creato una sottilissima crosta da rigelo inconsistente sotto i ramponi. il cavo è quasi sempre completamente sommerso.
ci mettiamo 5 ore per sbucare sulla spalla ed attraversando rampe, canali e sopratutto alcuni traversi adrenalici.
tutto bellissimo, montagna reale, niente di addomesticato, non vedo l'ora di ritornare anche perchè il versante da cui siamo scesi non solo è sciabile ma ha svelato l'ultimo pezzo di salita per la cima con un intrigante canale, ideale per la splitboard.
compari avvisati...
saluti
nicola
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22/12/2012 - Misurina - forcella degli angeli
la voglia non manca e quindi parto da solo (renzo lavora, davide deve rientrare presto, samu no, etc etc).
la zona è tranquilla, ci sono già stato un paio di volte, e considerato che sembra l'unico luogo delle dolomiti dove la neve è decente, credo non sarà nemmeno l'ultimo.
le foto fanno schifo (sono quelle del mio cellulare) ma il luogo è sempre bello.
per fortuna ho scelto sabato e non domenica (prevista una gara di superscialpinisti), ovviamente ci sono già un po' di tracce, la zona è frequentata ma stranamente nessuno (o quasi: solo 2 davanti a me e 2 che mi seguono) sceglie forcella degli angeli.
dovrebbe essere una di quelli più in piedi tra le tante dei cadini.
arrivato nel cadino della neve, mi dirigo sotto il conoide e per un attimo si intravede lasù la meta. la giornata è bellissima.
inzio a salire con varie inversioni finchè a metà canale smonto tutto e vado sù dritto per dritto. è un po' faticoso perchè in alcuni punti la neve è abbondante e non regge, ma la scelta è giusta. I fitweel anche senza ramponi vanno benissimo a scalettare anche nella neve compatta. la punta rinforzata fà ottimamente il suo lavoro ed a giornata finita nemmeno un graffio sulla tomaia.
mi ripeterò ma queste forcelle sono meravigliose e ad un passo dalle cime, credo sia questa la loro più bella qualità. sull'altro versante si vede il mondo, qualcosa riconosco qualcosa no. mi preparo per la discesa e i due che seguivano se la fanno insieme a me.
è vero il canale è pendente e stettino nella prima parte, la neve non è la migliore ma la discesa alla fine non è poi coì difficile. ci vogliono un po' di gambe e tecnica quella sì.
all'uscita vado tutto a sinistra, evito il passaggio centrale ravanifico del cadino e riesco (grazie ai due local) a ricongiungermi con la pista per il rientro.
bella salita, bella discesa, bel posto e rientro in orario di tutto rispetto con ancora il pomeriggio a disposizione per finire i regali di natale.
1. forcella della neve
2. forcella pogoffa
3. forcella degli angeli
saluti
nicola
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Le previsioni davano brutto e il bolletino come al solito riportava che a est di neve non ce n'era. Che fare? Ho deciso che quest'anno a meno di lunghe migrazioni ancora da progettare approfitto per andare in uno dei luoghi che mi affascinano di più: la val Saisera.
Ho iniziato due settimane fà con lo Jof Miezegnot e considerato che è l'unica vallata in regione spolverata di bianco (perchè dire che c'è neve è un'eresia) ho deciso di proseguire.
La curiosità, che poi si tramuta in passione, di scoprire questi luoghi è dovuta a più fattori: il primo è senz'altro il sentiero ceria-merloni con cui mi sono avvicinato a queste montagne ma dal versante senza dubbio più ospitale (gli altopiani del montasio), il secondo la lettura del libro "Non si torna indietro" di L.Beltrame biografia e molto di più di Ernesto Lomasti, il terzo perchè credo che in questi luoghi nulla è facile e niente arriva senza fatica.
Tornando a ieri ed avendo in mente solo la meta (Sella Nabois) ma non come arrivarci (splitboard o solo a piedi considerando lo scarso innevamento) ho caricato tutto in macchina: tavola, ciapse, scarponi da sno', scarponi da montagna, ramponi, etc). Parto da PN verso le 6.20 con l'idea che vado sù con la tavola e se trovo duro la metto sulla schiena e proseguo con i ramponi, entrato in autostrada a osoppo cambio idea e mi dico che considerato che non ci sono perturbazioni tanto vale fare un po' meno fatica ed andare solo a piedi, all'uscita delle gallerie dopo l'uscita per sella nevea sembra di arrivare in un altro mondo. Una bufera di neve con temperatura di -10 in valle e raffiche di vento da spostare la macchina, visibilità non proprio pessima ma quasi.
Vado avanti anche se ho pensato più volte: "chi me l'ha fatto fare di svegliarmi presto e venire qui". Per inerzia proseguo fino all'uscita della valbruna ed il tempo è sempre più brutto. Come due settimane fà mi fermo appena entrato in paese a far colazione in un piccolo market con bar gesito da un ragazzo gentilissimo. Si stà parlando del fatto che in tutta italia nevica (e non la vogliono) mentre qui non viene giù nulla. Guardiamo fuori ed i fiocchi sono minuscoli e non si appoggiano nemmeno al terreno per colpa del vento veramente forte. Finisco il caffè e dentro di me stò pensando di tornare indietro poi gliela butto là per vedere la reazione di un local: "eh oggi volevo fare la sella nabois...", lui mi guarda con la faccia tipo "ma cosa stai dicendo?" però è gentile e non aggiunge altro. Poi mi spiega che l'altro giorno era salito fino alla cima dei cacciatori ma non c'è neve per sciare, manca il fondo. Gli rispondo che per non buttare via la giornata potrei andare almeno fino al Pellarini, lui ci pensa un attimo e mi risponde con sicurezza: "sì sì bhè al Pellarini oggi può andare bene". Pago e lo ringrazio, ma dovrei farlo molto di più, ero da solo ed ogni tanto serve quella spintina in più per avere piena fiducia delle proprie sensazioni.
Parcheggio e parto ramponi ai piedi, ciaspe sullo zaino e stop, decido che la giornata sarà propedeutica per vedere l'itinerario. Seguo il sentiero 616 dal parcheggio fino al Rifugio, l'attenzione và riposta sopratutto nella prima parte dove ci sono vari bivi tra sentieri, pista da fondo e letto del saisera. Il mio consiglio, se non si conosce bene il posto, è di non tagliare perchè è facile finire da un altra parte e fare un sacco di strada per niente.
I primi 200mt sono nel bosco fitto, con uno sviluppo di tutto rispetto. Quando si arriva sotto le pareti del Piccolo Nabois si incomincia a tagliare verso sinistra (se si rimane nel sentiero è impossibile sbagliare). Dopo poco appare la parte nord del Grande Nabois veramente immensa ed imponente (e piena di cascate di ghiaccio). Nel frattempo la bufera non smette ma almeno nel bosco il vento non si sente, un po' di neve però incomincia ad accumularsi.
Terminata la parte larga del sentiero si arriva sotto al salto di rocce che separa la valle bassa da quella alta, si prosegue su traccia più stretta e pendente con un lungo traverso (non nel senso di lamina però) che con poca neve riserva più di qualche insidia per risalirlo sci ai piedi figuriamoci con la split (alti gradini, curve e controcurve strette), superato un piccolo parapetto di legno il sentiero diventa più comodo. Usciti dal bosco la vista dovrebbe essere grandiosa: il Grande Nabois a destra, a sinistra le Cime delle Rondini e poco più in là le Cime Vergini. Oggi si vede veramente poco ed una volta che gli alberi si diradano ancora meno. Comunque un po' di tracce mi aiutano ed inoltre il Pellarini finalmente si mostra quindi proseguo. Gli ultimi 100mt prima del rifugio sono un po' un calvario in quanto il vento ha creato zone di accumuli parecchio profonde, con solo i ramponi sprofondo a volte fino alla vita e anche di più, però manca poco. Attraversare questi pendii non mi fà proprio piacere, i pochi alberi sono tutti tirati giù, l'inclinazione sale, ci sono accumuli, siamo a -10, ora stà nevicando di brutto e fino a ieri c'era solo ghiaccio ... la ricetta è completa. Scelgo di salire tra pezzi un ò meno aperti e raggiungo il Rifugio, ci ho messo 2h e un quarto ma vacca boia se sono stanco, in più guardo la Sella Nabois nei pochi momenti in cui appare e vedo che da qui manca almeno un'ora e mezza come minimo. Anche ad esser qui con la splitboard questo è un gitone, come al solito nulla in questa valle è semplice. Entro nel ricovero invernale mangio un po', bevo il thè e firmo il libro.
Dopo 10 minuti mentro inzio la discesa però ci penso. In fondo è stanchezza mentale più che fisica, sono troppo abituato alla salita molto pendente che in poche ore sei arrivato. Questi itinerari e queste montagne necessitano di un approcio completamente diverso e forse è anche per quello che non proprio tutti ci vengono. E così passo dopo passo mi guardo le possibili varianti per la discesa e pian piano una parte più carina di boschetto si lascia intravedere e così inizio ad immaginare che forse non sarà una discesa proprio continua ma che ne varrà la pena. Insomma non sarà proprio una passeggiata ma questo è di sicuro un arrivederci a condizioni più ottimali, forse ad una più lunga giornata di sole primaverile (esattamente la stagione che "i vecchi" ritenevano giusta per inziare a fare scialpinismo).
Atro elemento oggi di forte impatto: sono partito da solo e sulla mia strada ho incontrato solo le orme di un camoscio. Non bisognerebbe mai andare in montagna da solo ma sarei ipocrita a nascondere che è forse il miglior modo per godersi i luoghi naturali. Sentirsi vulnerabili, piccolini, senza aiuto tende a farci rispettare maggiormente ciò che ci circonda.
nicola
Trattasi di foto recenti, cioè della salita del 7 gennaio, e per me si tratta di cosa rara.
Ormai il mio cellulare ha una patina costante davanti all'obiettivo ma questa volta le immagini rendono un po' l'idea di quanto ho trovato.
Con bollettino grado 3, partire con gite dai 2000mt in sù non è proprio una gran idea.
Ma la neve al momento nel nord-est è solo lì, anzi mi correggo non c'è nemmeno lì.
E' veramente assurdo, il vento ha fatto disastri non c'è neve e quella poca che c'è è pericolosissima.
Io e Samuele partiamo dalla diga questa volta, siccome il primo pezzo della pista è senza neve gli propongo di salire per il sentiero estivo. Mi guarda e mi dice che sono scemo, però mi segue. Il pezzo è carino e la salita lentissima, il vento ha spostato tutta qua la neve, battiamo traccia in mezzo a mughi e arbusti con mezzo metro di farina incosistente. Serve per fare esperienza mi dico e ci credo.
Poco prima di arrivare sulla pista attraversiamo l'unico pezzo aperto battuto dal vento e mentre ci sono sopra ringrazio che non faccia più di 20° perchè sento un tonfo sordo da pelle d'oca e vedo una crepetta da lastrone da vento lunga trenta metri.
Parlo con Samuele e qualsiasi velleità di percorso scompare (lui l'aveva già fatta scomparire ieri ma io in fondo ancora ci speravo), ci diciamo che arriviamo sotto lo spallone (solitamente sicuro) e poi vediamo com'è.
Continuiamo a risalire per la pista deserta e battuta dal vento a 50 km, incredibile sull'altro versante hanno aperto la funivia e scoprirò sulla strada verso malga ciapela che sono formiche, da questa parte in tutto siamo in 4 e nemmeno negli stessi orari.
Arriviamo a Pian dei Fiacconi e capiamo ben presto che c'è poco da fare, il vento ha distrutto tutto ciò che potrebbe essere sciabile. Lo spallone da qui sembra uno specchio vetrato. Procediamo ancora un pò, risaliamo fino a spuntare oltre la linea del sasso delle dodici e poi decidiamo che il nostro per oggi l'abbiamo fatto.
Smontiamo tutto ed inziamo la discesa, scendiamo in parte al sasso delle dodici e la neve è difficilissima. Tutta crosta ed accumuli misto sassi appena nascosti. Faccio fatica io con la tavola a galleggiare e rompere la crosta figuriamoci Samuele con gli sci (che sò mi stà odiando).
Il resto è cronaca di rientro, una birra, una zuppa e l'idea che tra noi ed il divano almeno stavolta abbiamo vinto noi.
Certo che se non cambia il tempo qui a nord-est la vedo grama....
saluti
nicola
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Uscita di repertorio, perdonate la non attualità ma l'astinenza da precipitazioni favorisce il rifugio nei bei ricordi.
A parte gli scherzi, trattasi di gran bell'uscita nel comprensorio del Sassolungo in un ambiente magnifico ma facilmente accessibile. Unica difficoltà ma che potrebbe essere bloccante, un canale di circa 200mt (forse un po' di più) bello pendente, non sò i gradi giudicate voi. Da percorrere ovviamente con nevi sicure alemno il primo tratto.
Nel caso si può entrare dalla forcella del sassolungo meno pendente ma senz'altro molto meno solitaria rispetto a quella fatta da noi.
[video:http://www.youtube.com/watch?v=4uZwgLhybiQ&feature=endscreen&NR=1 300x300]
Si parte dal passo sella e specificatamente dalla seggiovia che porta verso il sassolungo, scesi si sale sulla cresta dietro la seggiovia e la si percorre tutta fin sotto i paretoni meravigliosi poco a sinistra delle 5 dita. L'ambiente è grandioso e a roccia è spettacolare, rosa come il sederino di un bambino. da qui si calzano sci o tavola e si percorre un lungo diagonale fino alla Torre Innerkofler. Il pendio è sempre esposto ai raggi del sole e quindi la neve solitamente è assestata, ma vale semrpe la regola che nel dubbio meglio stare basse e poi farsi qualche metro in più in risalita.
Il canale è facilemente riconoscibile, sono circa 300mt a sinistra appunto della torre.
La pendenza si fà subito sostenuta ma in fondo si tratta di un breve strappo, occhio che se si arriva troppo tardi con neve trasformata si ravana un bel pò.
Arrivati in forcella arriva il bello, attenzione che può crearsi un po' di cornice ma dovrebbe facilmente essere aggirabile risalendo ai lati. L'ingresso un pò di adernalina la mette, ma poi acquistata l'indispensabile sicurezza si gode e basta.
L'uscita dal canale è magnifica in una conca generalmente con neve splendida, qui si può sciare liberamente dove si vuole con l'accortezza di passare poco sotto il rifugio Vicenza e portarsi poi sul versante destro orografico oltrepassando i cavi della teleferica di servizio al rifugio. Ora manca solo l'ultimo tratto del rado boschetto che porta alla strada di collegamento tra l'Alpe di Siusi e Monte Pana. Con un po' di fortuna si può aguantare l'autobus che passa, altrimenti si rientra a piedi. Arrivati al Monte Pana si può rientrare al passo Sella o con gli impianti (verso il ciampinoi e via di seguito) oppure scendendo a Santa Cristina con i mezzi pubblici.
Traversata consigliatissima, poco dislivello e tanto divertimento, inoltre verso la fine si può intravedere uno dei prossimi obiettivi! chissà??!!
Immerso nelle splendide montagne di Claut, l'Hotel Miramonti è il punto di partenza ideale per le vostre escursioni all' interno delle Dolomiti Friulane. Leggi
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