Guarda le foto di questa relazione nell'album Giro delle 6 Cime gruppo Ortles Cevedale
Siamo partiti presto, molto presto, era buio, dormivamo al Rifugio Milano, a Solda, la giornata prima avevamo fatto il Cevedale giusto per acclimatarci, il Gran Zebrù, nostra meta iniziale era una lastra di ghiaccio puro, cosa fare ?
Decidiamo di salire il Tresero e poi a mano a mano quello che veniva, ho capito ma siamo al Milano, cazzo, non è mica Santa Caterina questa, non importa, si parte. A occhio erano le quattro circa, scendiamo a piedi fino a Solda, mettiamo in moto e ci dirigiamo verso lo Stelvio, alla prima curva un cartello che recita: 48° tornante. Non posso ripetere l' esclamazione di Francesco, so solo che me la ricorderò sempre, comunque risaliamo tutto il passo, scendiamo dal versante opposto, si, bisognava anche scendere, arriviamo a Bormio, saliamo a Santa Caterina Valfurva, prendiamo la strada per il Passo Gavia, insomma, alle 08: eravamo al Rifugio Berni, poco prima del passo. Ci guardiamo attorno, ad occhio riconosciamo il Tresero, arriva il gestore del rifugio, apre e ci fa un caffè, chiediamo alcune info a lui, fa parte del Soccorso Alpino, gentilmente ci dice tutto quello che serve ma ci guarda strani, arrivano due alle otto di mattina, non sanno dove andare, altro che strani ci guarda, sta già pensando alle manovre del nostro recupero. Comunque fa buon viso a cattivo gioco e ci dice: ci vediamo più tardi, se non arrivate vengo in cerca, voleva anche portare sfiga.
Partiamo, prendiamo il sentiero 25 seguito dal 41 che attraversa la Valle di Dosegù ed in breve ci porta al cospetto del Tresero, decidiamo di lasciare in parte il Bivacco Seveso, attorniato di rocce marce, dedicandoci alla vetta. Saliamo tenendoci fra il ghiacciaio e le rocce, alla base del pendio sommitale troviamo una corda che si rivelerà molto provvidenziale viste le condizioni del pendio, gli sfasciumi erano notevoli e salire diventava un' impresa. In breve siamo sulla Cima del Pizzo Tresero, 3.594m, da qui il panorama comincia a diventare interessante, ci rendiamo conto della linea di cresta che seguiremo. La traccia segue costantemente il Filo di Cresta, non presenta particolari difficoltà per cui procediamo slegati, il pericolo maggiore è la qualità della roccia, sempre friabile e viscida.
Tocchiamo Punta Pedranzini, 3.599m, di seguito Cima Dosegù, 3.560m, andiamo via veloci, siamo due capre di montagna, maciniamo dislivello fra salite e discese fino ad arrivare al cospetto del San Matteo. Qui l' ambiente cambia, le roccette lasciano spazio ad ampi pendii innevati, la pendenza aumenta, la picca ed i ramponi sono necessari, siamo in vetta al San Matteo. Qui dire che c'è un bel panorama è sicuramente un eufemismo, ogni direzione è costellata di Cime Innevate, lo sguardo spazia lontano, ci sono tanti ghiacciai, in lontananza, le valli scendono dolcemente, bisogna esserci per capire.
Qui bisogna decidere, andiamo avanto o scendiamo? Scontato, è mezzogiorno, andiamo avanti, scendiamo dalla cima lungo una via di Cresta molto affilata, qui diversamente dal resto dell' itinerario, la roccia è ottima. I passaggi mano a mano che scendiamo aumentano di grado, il quarto esposto ci sta benissimo, non usiamo la corda perche comunque la linea è breve e perchè siamo incoscenti, in breve siamo sulla forcella sottostante, andiamo avanti ancora sul Filo di Cresta in direzione del Pizzo di Val Umbrina, l' idea che mi sta frullando in testa è quella di chiudere tutta la linea che circonda l' immensa valle. Proseguiamo toccando il Monte Mantello, 3.678m, e Cima Villa Corna, 3.447m, andiamo oltre ed arriviamo ad una sella innevata. Qui facciamo il punto della situazione, bisogna ammettere che il ritmo tenuto durante la giornata ci ha messo a dura prova, sono cira le 14.00 del pomeriggio, da qui riusciamo a vedere il punto in cui siamo partiti, cazzo, è lontanissimo e piccolo, decidiamo di scendere a valle. Da qui vediamo anche tutta la linea che abbiamo percorso, anche il Tresero è piccolissimo, abbiamo percorso ad anello tutto l' enfiteatro, lo spettacolo e la soddisfazione sono altissimi.
Scendiamo lungo un pendio innevato che ci riporta con i piedi sul ghiacciaio del Dosegù, seguiamo la morena per tracce di sentiero, ci vogliono ancora 2 ore per tornare al Rifugio Berni, siamo davanti al gestore alle 18:00. Gli raccontiamo del giro fatto e ci fa i complimenti, siamo soddisfatti anche di questo.
Contenti ci cambiamo, mangiamo qualcosa, prendiamo la volta del Passo Gavia, il Tonale e via verso casa.
Nicos
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