Guarda le foto di questa relazione nell'album Ghiacciao de la tour
20 e 21 settembre 2012. Insieme a Massimo Candolini.
Mi mancano giusto 3gg per finire la mia settimana di vacanze. Che fare?
Non ci ho messo molto a scegliere, dal corso di alta montagna di inizio agosto, era rimasta una "mosca" che ronzava. Tutto perfetto sì ma... nessuna salita importante da allora. Complice un agosto tutto lavorativo, un'alta montagna non proprio così vicino e la cronica difficoltà di trovare compagni d'avventura.
Mi pare d'obbligo chiudere bene la fase didattica inziata con InMont e testarmi su un itinerario che mi dia un po' di filo da torcere. Chiamo Massimo e dopo un po' di proposte disparate gli richiedo un posto dove possa condurre anch'io qualche tratto. Scegliamo l'Arret de Forbes a l'Aiguille du Chardonnet.
Nelle relazioni già si capisce che trattasi di roba tosta (almeno per me). Impianti chiusi quindi avvicinamento al rifugio Albert Premier a piedi (circa 4h), attraversata del ghiacciaio du Tour, risalita di un pendio di 50° e poi lunga cresta di misto per l'arrivo in vetta. Discesa ostica con 4 doppie ed un complesso rientro tra i crepi del ghiacciaio.
Fantastico, bellissimo. Meteo impeccabile bello da mercoledì pomeriggio fino a sabato a mezzogiorno, qualche centimetro di neve la sera di martedì.
Già peccato che i centimetri del meteo in realtà sono stati almeno 50 ed il pendio non ha scaricato. Quelli del rifugio hanno tentato il giorno prima l'Eperot Migot (la cresta centrale che porta alla vetta) e dopo aver ravanato ore per arrivare all'attacco sono tornati indietro. Scrutiamo con un binocolo l'itineraio.
Piccola digressione: ho sudato come un cammello per arrivare al rifugio e, visto che eravamo tutti e due impazienti, abbiamo impiegato un po' meno del previsto. Alla fine non importa quanti anni abbiamo, siamo sempre bambini. In valle le solite frasi "bon la prendiamo con calma, così non sentiamo la quota, ci abituiamo, tanto la salita vera è domani...." poi alla fine quando senti che la gambe vanno e il fiato c'è, tiri via dritto perchè non vedi l'ora di arrivare sù e vedere che effetto ti fà guardare la "bestia" negli occhi.
Cmq scrutiamo dal binocolo, prima Massimo e poi io; fosse stato per me il giorno dopo mi sarei alzato e mi sarei infilato in una brutta sistuazione senza aver capito una fava. Massimo invece individua i pericoli e ne discutiamo insieme. Potremmo fare un tentativo e vedere se nella notte il manto si indurisce, il punto è che una volta arrivati all'attacco se non si può salire la giornata è buttata via. La scelta è semplice: si cambia strategia. Carta alla mano scegliamo un itinerario lievemente più semplice tecnicamente, un po' più corto e sopratutto con un avvicinamento facilitato dalla risalita sulla morena e con meno tratti nella neve e sui crepacci: la cima sud dell'Aiguille du Tour salendo dal Couloir de la Table (PD+).
La mattina non serve svegliarsi ad ore impossibili, alle 5.30 facciamo colazione e verso le 6.30 partiamo dal rifugio. Lo sò, non sò che cazzo mi è venuto addosso, solitamente mi preparo velcomente ed invece togli questo, metti quello, ho dimenticato quell'altro insomma sono stato un'agonia, non ero mai pronto.
In compenso però le gambe girano bene, fuori è ancora buio e con la frontale risaliamo la morena rocciosa. Arrrivati sul ghiacciaio abbiamo ripreso le altre cordate, ci prepariamo ed individuata la nostra meta, Massimo mi fà condurre la cordata.
Verso le 7.30 in pieno ghiacciaio la frontale diventa presto inutile, il terreno non è insidiosissimo ma bisogna prestare attenzione. I buchi sono molti ma la traccia favorisce una progressione veloce, arriviamo in vista del couloir e la traccia maggiore prosegue dall'altra parte, per fortuna qualche vecchio passaggio ha lasciato le impronte di una precedente cordata. Davanti a noi non c'è nessuno e dietro nessuno segue, sarò egoista ma il cuore mi si riempe di gioia, la montagna oggi sarà tutta per me.
Dopo poco la pendenza aumenta, riduciamo la conserva e continuo a condurre (non senza alcuni suggerimenti indisensabili di Massimo) fino all'attacco vero e proprio su roccia. Il primo tiro parte Massimo, molti sfasciumi e poca neve. Lo raggiungo e proseguiamo su tratti un po' più coperti e sempre più pendenti, dopo una ventina di metri mi chiede "te la senti?". Non chiedetemi perchè ma il couloir è un ambiente che non mi spaventa, in cui la pendenza non mi mette ansia (al contrario della cresta dove invece devo ancora aibituarmi) e così salto avanti e ci dò dentro. Conserva corta e via. Proseguiamo con una picca sola (quella tradizionale), del piolet (che cmq abbiamo portato) non se ne sente l'esigenza.
Saliamo veloci e spuntiamo sulla cresta area ed esposta. Ora capisco perchè si chiama "Table" e capirete pure voi se guardate le foto. La cresta si dimostrerà non poi così lunga fino alla cima, ma in alcuni punti tutto sommato molto adrenalinica. Devo abituarmi al granito e così in un tiro verticale, dove passo da primo, rischio di incastrare un friend (recuperato da Massimo per fortuna).
Arrivati in cima è uno spettacolo, sole alto, cielo limpido e non c'è vento. Da qui si vede tutto. Il Bianco, in confronto alle altre cime, sembra il fratellino brutto. L'Aiguille Dorèes con la sua lunghissima cresta da est a ovest è entusiasmante (AD+), dovrò fare ancora un po' d'esperienza, ma le auguro (e prometto) un arrivederci sicuro.
Alla fine siamo in cima presto, da qui si vede la discesa (come sempre da non sottovalutare) ma poi non così impegnativa. Iniziamo a pensare a qualche variante prima di rientrare: il versante nord de le Tete Blanche è quello che và per la maggiore.
Foto di rito e scendiamo, dopo poco siamo alla forcella e poi alla terminale bella aperta ma con un passaggio semplice. Il problema ora diventa la neve. Siamo sui versanti sud del ghiacciaio du Trient e qui stà scaldando dalle 8 di stamattina, il manto porta benino ma la neve è una colla pazzesca ed ogni due passi (giuro due passi non è per dire) bisogna togliere lo zoccolo. Dopo un'oretta siamo al Col superior du Tour, le tentazioni sono molte: parete nord ma smaddonamento per arrivarci (nonchè più ore passate sul ghicciaio che per salire), scendere e l'indomani salire all'aiguille du midi per fare altro, magari tentare l'Arret de Forbes. Alla fine diamo retta all'istinto, proseguiamo semplicemente per il rientro al rifugio, scendiamo diretti alla macchina e rientriamo in nottata guadagnando un giorno in più a casa.
Dopo la sosta in Rifugio per mangiare qualcosina (a proposito il rifugio era in chiusura e a parte la colazione bisognava portarsi da mangiare) inizia l'eterna discesa (circa 1500mt) non tanto per il tempo ma per l'itinerario. Non scegliamo lo stesso dell'andata (meno pendente ma con maggiore sviluppo), optiamo per una via più diretta. Risultato siamo giù in due ore e mezza (venti minuti meno che all'andata), in compenso i miei piedi e le gambe sono di marmo.
Nel frattempo da un sole che spacca le pietre in men che non si dica alle 16.30 si accumulano velocemente delle nuvole ed alle 17.00 tutte le cime spariscono in mezzo a nuvoloni grigio piombo. Ormai solo il bosco è indenne dal brutto tempo. Alle 18.00 mentre usciamo da un pub di Chamonix è già inziato a piovere. Avessimo preso qualsiasi altra scelta, rispetto a quanto fatto, ora saremmo a roderci le mani per aver buttato una notte ed un giorno per stare in un rifugio in chiusura e non poter fare più nulla. Non capita spesso in maniera così netta di fare la scelta migliore, ma quando segui l'istinto e ci azzecchi bhè è una bella soddisfazione.
Questa è la seconda volta che vengo nel massiccio del Monte Bianco, mai dire mai, ma mentre prima l'unico pensiero era alla cima più alta ora pian piano la voglia è di esplorare tutto intorno. Più che dove arrivare è come arrivare. Ho voglia di accumulare esperienza per sapermi muovere con sicurezza in un ambiente naturale che in ogni momento potrebbe farti scomparire e che invece, se uso la giusta "educazione", mi accoglie e mi scorta fino a valle.
grazie Massimo, bella uscita. alla prossima.
nicola
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