Un regalo

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L’ altro giorno, tornando dalla Marmolada, ho preso un caffè in un bar, al suo interno c’ erano tre vecchiette, stavano lì sedute a raccontarsi le loro storie. Una di queste, probabilmente la meno giovane, portava uno scialle grigio sulle spalle, subito mi è venuta alla mente mia nonna,

anche lei lo portava ed era molto simile. La mente, come succede in questi casi, ha cominciato a spaziare nei miei ricordi di bambino, Claut, elemento comune e i miei nonni.

Era mattino, forse primavera, non ricordo bene, c’ era una strana sensazione nell’ aria, qualcosa doveva succedere quel giorno, io e mia nonna eravamo impazienti, il nonno Mene era partito presto con la corriera. Con cosa ? La Corriera, con la C maiuscola, proprio la corriera, partiva all’ alba per andare in pianura, verso Maniago e poi verso Pordenone, l’ unico mezzo di collegamento fra la montagna e la bassa. Ad essere sinceri i tempi erano quelli delle automobili ma i miei nonni appartenevano ad un altro mondo dove la corriera era necessaria per scendere, anche questo è un po’ un paradosso, a loro non serviva scendere in pianura, a casa loro avevano tutto ciò che serviva ma ogni tanto accadeva. E quel giorno mio nonno Mene era partito all’ alba per andare a Maniago, per lui deve essere stata una sofferenza, montanaro puro, grande e grosso e montanaro, era un po’ come il nonno di Heidi, con la barba bianca, burbero, chissà cosa era andato a fare, mah...

Avevano tutto ciò che serviva, è vero, non stupiamoci di questo, loro erano montanari, vivevano e lavoravano, ad un certo punto morivano, come tutti; oggi le cose sono cambiate, lo dicono tutti, che palle, una volta così e una volta colà, bla bla bla, bla, tutti ne sanno qualcosa di una volta e soprattutto ne sanno molto di oggi. Ieri ho raccolto dello “Spetarnacie”, o più facilmente Dente del Leone o ancora Tarassaco, lo faccio tutte le primavere, lo raccolgo, lo curo, lo lavo e me lo mangio, da solo perchéin famiglia piace solo a me, cosa centra ? Molto, perché è un esempio lampante della differenza fra oggi e ieri, e la grande differenza è il motivo per cui si fanno le cose. Io l’ ho raccolto e mangiato per piacere, loro lo facevano per dovere, era il tributo alla vita, dovevi fare certe cose per vivere e credetemi da fare ce n’ erano molte, tutto il giorno per tutti i giorni, per tutti gli anni, quella era La Loro Vita. Non so se fosse peggiore o migliore, sicuramente diversa lo era, no, non sto dicendo che una volta mangiavano tarassaco tutti i giorni dell’ anno per sopravvivere, solo che all’epoca i valori erano estremamente diversi, come diverso era il rapporto con la natura, da un certo punto di vista vivere in montagna era un privilegio perché potevi sfruttare quello che avevi attorno, cosa che nelle metropoli era impossibile.

La terra era coltivata, l’ orto dava le verdure, gli alberi i frutti, i prati sfamavano le bestie, il bosco la selvaggina e tante altre piccole cose. Però le mucche erano il pezzo forte, pensate, due mucche nella stalla riescono a dare il latte, il burro, il formaggio, la ricotta, la carne, quasi come un nostro moderno supermercato, siamo lì. Accudire le mucche significava essere presenti nella stalla tre quattro volte al giorno, per tutti i giorni dell’ anno, e le ferie? Era duro, c’ era il fieno da fare, la “Stradura”, bisognava portare fuori il letame, poi portarlo nei prati ed allargarlo, era il loro concime naturale, oggi diremmo che è anche ecologico. Qualcosa è sparito a Claut negli ultimi anni, il signor Inverno, non si vede più, è andato in alto, sopra il paese, verso il Ressetum ma una volta era ben presente, arrivava subito dopo Autunno, altro signore delle quattro stagioni, bloccava tutto e non si schiodava fino all’ arrivo della signora Primavera. Nessuno si preoccupava più di tanto, tutti avevano le loro provviste per il periodo freddo, come le formichine, avevano accumulato tutto al calduccio e piano piano tiravano avanti, ma come facevano? Se faccio due conti mi accorgo che il periodo da passare è lungo, allora come facevano a sfamarsi per tutto questo tempo? Anche perché i frigoriferi sono appannaggio dei nostri tempi, e qui viene il bello, esistevano delle tecniche molto particolari e collaudate per la conservazione dei cibi, queste consentivano il benessere delle vivande necessarie fino alla primavera, questo però merita un capitolo a parte.

In questo sistema non entrava il superfluo, tutto era necessario ed aveva uno scopo, un po’ diverso dalle nostre abitudini odierne.

Però, però, non dimentichiamoci di mio nonno Mene, era ancora a Maniago, non si sa per quale motivo, la giornata stava scorrendo, sento mia nonna Maria che mi chiama e dice: “Andiamo fuori ad aspettare il nonno, è appena passata la Corriera”, casa nostra era proprio sulla strada, si vedevano passare le auto, usciamo in cortile, siamo vicinissimi alla strada, da lì riusciamo e vedere la corriera che si ferma. La fermata di Mariae era in cima alla “Riva de Magnol”, poco distante da casa nostra, eccolo, finalmente intravedo il nonno Mene, è sceso e viene verso di noi ma la sua sagoma non è come sempre, porta qualcosa sulle spalle, non riesco a capire di cosa si tratti, è un fagotto non tanto grande avvolto nella carta. Una cosa però la noto, la sua fierezza, porta quel fagotto come fosse il più bel camoscio della stagione di caccia, la curiosità era diventata enorme, arriva a casa, non ricordo bene poi cosa sia successo, so solo che ad un certo punto il fagotto scompare e lascia il posto al regalo più bello della mia vita: la mia prima bicicletta. Era verde, bellissima, quella sera ho corso in casa con le rotelle fino a tardi, è stato l’unico regalo di mio nonno Mene ma è stato sicuramente il regalo più bello che abbia mai ricevuto.

RENZO GRAVA



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